Il Presidente del Collegio Nazionale Maestri di Sci Giuseppe Cuc insieme al Presidente dell’Associazione Maestri di Sci Italiani Maurizio Bonelli, in rappresentanza dei 15.000 Professionisti della neve e 400 Scuole Sci distribuite sul territorio nazionale, hanno diffuso un comunicato congiunto per segnalare la situazione di grande preoccupazione che sta coinvolgendo (e coinvolgerà) la categoria dei Maestri di sci.
“Con estremo dispiacere e disappunto Col.Naz. e AMSI prendono atto di come le misure del nuovo DPCM hanno purtroppo messo ai margini il mondo della montagna e soprattutto degli sport invernali, cui i Professionisti della neve sono parte integrante per il ruolo didattico che ricoprono verso coloro, piccoli e adulti, che intendono imparare e fare propri gli sport di scivolamento: sci alpino, sci nordico e snowboard.
Non sono passati in secondo piano, poi, quei toni mediatici alquanto fuori tema, a volte con retorica populista, che hanno coinvolto il mondo della montagna e del turismo invernale, in alcuni casi con una preoccupante deriva che vorrebbe fare passare fuorvianti messaggi in cui le attività dei professionisti della neve hanno unicamente scopo ricreativo e sono destinate a solo pochi fortunati abbienti.
La montagna, preme ricordare, è l’unica “zona territoriale” citata nella nostra Carta Costituzionale, nella quale precisamente all’art. 44 viene fissato, con sorprendente risolutezza: “La legge dispone provvedimenti a favore delle zone montane”.
All’interno dei vasti territori montani e dei suoi meravigliosi paesaggi ci sono persone e famiglie che per generazioni, con alacre impegno e grandi sacrifici, hanno realizzato sistemi d’integrazione e sostentamento, spesso legati al mondo del turismo invernale.
I maestri di sci fanno parte di questo “sistema montagna” non per caso, ma grazie a decenni di assegnamento sulla propria professionalità e sulla determinazione di chi è abituato prima a lavorare e poi a chiedere. I 15.000 maestri di sci italiani non sono sprovveduti e come ricorda la loro stessa storia, da sempre, rappresentano i primi custodi delle regole che la montagna impone.
Con equilibrio e discrezione i professionisti della neve, infatti, hanno approcciato l’emergenza Coronavirus rimettendosi con scrupolosa attenzione alle direttive delle nostre Istituzioni. Era la sera del 10 marzo quando il Presidente del Consiglio Prof. Avv. Giuseppe Conte, in diretta televisiva annunciava agli italiani che “purtroppo tempo non ce n’è. Occorre rinunciare tutti a qualcosa per tutelare la salute dei cittadini. Oggi è il momento della responsabilità”.
In quel preciso istante l’intera categoria dei maestri fece sue le indicazioni d’immediata interruzione dell’attività nelle aree sciabili, ed è stata quindi tra le prime a rinunciare e interrompere la propria occupazione nel pieno della stagione turistica.
Ora con il DPCM del 3 dicembre un altro colpo di scure giunge inesorabile sui professionisti della neve, privati come detto di una parte consistente della stagione scorsa, quella 2019/2020 e, ora, con la prospettiva di non rimettere gli sci ai piedi sicuramente fino al 7 gennaio 2021; ma, poi, cosa succederà?
Per i nostri maestri di sci e per tutte le loro famiglie non sarà assolutamente facile, ma con il consueto senso di responsabilità la Scuola Italiana Sci si sta adattando e si adatterà, pur non condividendo le scelte prese che ci riguardano, crediamo dettate dalla non conoscenza di base del mondo della montagna e delle figure professionali che la compongono.
La Scuola Italiana Sci in questi mesi non è stata ferma: sono stati predisposti scrupolose linee guida, decaloghi e vademecum, condivisi con gli impiantisti, per garantire la totale sicurezza agli allievi prima, durante e post lezioni.
Pertanto, in questo delicato contesto il Collegio Nazionale Maestri e l’Associazione Maestri di Sci Italiani, richiamano ancora una volta l’attenzione del Governo e di tutti coloro che hanno responsabilità nella gestione di questa calamità, affinché nelle prossime settimane il settore non sia nuovamente dimenticato o, peggio, ritenuto sacrificabile come in parte già avvenuto.
A tal proposito intendiamo sottolineare che se si chiedono ulteriori sacrifici, per il bene comune, la categoria è pronta a sostenerli ma rivolgiamo un accorato appello a chi ha responsabilità di Governo, affinché, anche in considerazione dell’andamento pandemico si rivaluti, prima dell’inizio delle festività di fine anno, possibili soluzioni diverse rispetto alla chiusura.
La montagna e i suoi operatori meritavano rispetto invece sono stati sacrificati e soggiogati da un atteggiamento sordo, poco lungimirante che in totale assenza di concertazione ha di fatto decretato un gravissimo danno per la categoria.
Ora come già evidenziato si apre la partita dei ristori che ci auguriamo tengano in considerazione le nostre proposte che si dovranno concentrare sul calo di fatturato dei mesi di novembre 2020, dicembre 2020 e gennaio 2021 rispetto agli stessi mesi delle passate stagioni. Se così non fosse sarà ancora una presa in giro per la nostra categoria.
Ai medici, agli infermieri, a tutto il personale sanitario e a chi, purtroppo, gli effetti del virus li ha dovuti subire sulla propria pelle, a tutti questi garantiamo che il loro impegno e la loro determinazione saranno il nostro primo obiettivo. Concludono Bonelli e Cuc”.