Garantire l’effettiva realizzazione della continuità delle cure, la presa in carico della cronicità e una migliore accessibilità alle prestazioni, anche nei territori montani o con caratteristiche di zona disagiata.
Sono gli obiettivi della nuova proposta di legge regionale sulla riorganizzazione della Medicina territoriale in Piemonte presentata dal presidente della Regione, Alberto Cirio, dall’assessore regionale alla Sanità, Luigi Genesio Icardi e dal coordinatore del Gruppo di lavoro sulla medicina territoriale, Ferruccio Fazio.
Un progetto sul quale la Regione, a partire dal 2021, mette a bilancio 10 milioni di euro all’anno, oltre ai 17,3 milioni di euro già destinati dalla stessa Regione alle attrezzature sanitarie di diagnostica di primo livello a favore dei medici di medicina generale e dei pediatri di libera scelta e all’investimento regionale di 7 milioni di euro stanziati il 20 novembre scorso per la telemedicina. La legge riconosce all’Assistenza primaria il ruolo cardine dell’assistenza territoriale, potenziando le attuali forme associative di “medicina di gruppo” e “medicina di rete” della Medicina generale.
La modalità di lavoro in gruppo consente le maggiori sinergie ed economicità di scala (per esempio permette di sommare i singoli rimborsi per personale di studio e infermiere e di suddividere le varie spese) e nel contempo la maggior soddisfazione per i cittadini, che trovano così un’offerta di prestazioni allargata, comprese le proposte di medicina proattiva, e un medico disponibile per più ore mattino e pomeriggio.
«La sanità piemontese si regge su due gambe», sottolinea il presidente Cirio. «La nostra rete ospedaliera, un sistema eccellente da valorizzare e potenziare a partire dal personale sanitario, perché uno degli errori fatti negli anni, che non si deve ripetere, è stato di investire poco sulle persone. E, poi, la medicina di territorio, cioè la grande criticità di cui la pandemia ci ha mostrato la debolezza, fatta però di medici e pediatri di valore che vanno sostenuti e potenziati. Se in Piemonte ospedalizziamo il doppio rispetto alle altre regioni è perché manca il filtro territoriale che permette le cure a casa. Per questo, oggi che la morsa della seconda fase dell’emergenza ci permette di allentare leggermente la presa, dobbiamo alzare la testa e proseguire nella riforma di questo sistema, per ricostruire ciò che in decenni è stato smantellato. Dalla crisi che stiamo vivendo nasce la possibilità concreta di cambiare il volto della sanità piemontese, restituendo ad ogni cittadino il diritto alle migliori cure in ogni momento della sua vita».
«È il primo rivoluzionario passo di un ampio progetto di ricostruzione della medicina territoriale regionale» osserva l’assessore Icardi, «che riporta la Medicina Generale al centro della programmazione sanitaria sul territorio. La “medicina di gruppo”, caratterizzata da una sede unica, garantisce un maggior livello e una maggiore appropriatezza delle prestazioni erogate rispetto all’attività non in associazione, in particolare per il trattamento della cronicità e dei casi acuti di primo livello, nonché la continuità dell’assistenza e delle cure anche attraverso modalità di integrazione professionale tra medici. La nuova legge rilancia e potenzia i provvedimenti già attivati in questi mesi con le medesime finalità, dalla telemedicina alla Farmacia dei servizi, dall’accordo quadro sulle cure domiciliari, al nuovo portale salutepiemonte.it sui servizi sanitari digitali della Regione Piemonte».
«Il Piemonte» sottolinea il professor Fazio», paga una assistenza territoriale debole che non permette al malato di essere preso in carico con cure domiciliari e causa numerosi ricoveri impropri in ospedale. La riforma della medicina di territorio ha l’obiettivo di ricostruire in Piemonte ciò che è stato smantellato con decenni di tagli lineari che hanno depauperato la sanità locale. Tre i cardini su cui si focalizzerà la nuova legge: il potenziamento delle fondamenta di questa grande casa chiamata a prendersi cura di tutti i cittadini piemontesi, la messa a sistema del lavoro di network di medici e pediatri e, infine, un monitoraggio attento dell’efficacia delle azioni messe in campo, con indicatori in grado ad esempio di quantificare la reale capacità degli interventi di ridurre il tasso di ospedalizzazione».
La regione punta sulla medicina territoriale
Il presidente Cirio: «La crisi ci darà modo di cambiare volto alla sanità piemontese»