Iva Zanicchi, gli ultimi mesi sono stati un periodo particolarmente difficile per lei. Prima di tutto, come sta adesso?
«Continuo a lottare. Ma ora, più che la malattia, il nemico è nel dolore immenso che provo per la perdita di mio fratello Antonio. È morto in ospedale, nessuno di noi familiari ha potuto vederlo».
È un dolore nel dolore…
«È qualcosa di insopportabile, orribile. Il Covid mi ha lasciato addosso una stanchezza mortale, però mi sforzo di recuperare. Nel caso di mio fratello, invece, non riesco a farmene una ragione».
Non avete neanche potuto parlarci?
«Ogni contatto è stato precluso. Abbiamo tentato una videochiamata, ma non andava. Tutto questo è disumano, ci riporta al Medioevo».
Com’era il rapporto con suo fratello Antonio?
«Speciale. Aveva tre anni meno di me e siamo stati sempre legatissimi. A volte, per me, è stato come un figlio, non l’ho mai perso di vista. Pensi che quando mi sono sposata, lui doveva fare il testimone ma finì in ospedale. Rinviammo il matrimonio di venti giorni perché non poteva certo mancare in un’occasione così importante. Ecco perché ora sono tanto addolorata. Non abbiamo potuto vestirlo, non abbiamo potuto salutarlo, mettergli un rosario tra le mani. Nulla. Sappiamo che i medici lo hanno seguito, lo hanno anche sedato alla fine. Lui è rimasto lucidissimo».
Nella sua vita ha mai vissuto un anno difficile come questo?
«Come questo mai. Ho ricordi legati alla guerra, il pianto di mia mamma quando ero troppo piccola per capire perché. Sono “flash”, ricordi lontani. Insieme a lei fui anche messa al muro dai tedeschi. Ma un periodo così buio come quello che stiamo purtroppo vivendo non ha davvero paragoni. Il fatto di non poter vedere i propri cari quando se ne vanno lo trovo semplicemente vergognoso».
Le regole impongono anche le festività in isolamento.
«Anche questo è qualcosa di insopportabile. Per noi italiani il Natale è una festa particolare, ha a che fare con le nostre origini e con la religione, con la nascita, con la famiglia. Non sono sciocchezze, sono le fondamenta della nostra cultura. Tradizioni che ci fanno sentire uniti. Ma si era deciso che da un piccolo comune non ci si potesse spostare per andare in un altro comune confinante, magari attraversando soltanto una strada, per raggiungere un proprio caro… Vediamo se si potrà fare. Sapete cosa vi dico, allora? Quando una regola è così ingiusta, meglio disubbidire!».
Il Governo italiano cosa avrebbe dovuto fare per evitare questa situazione?
«Capisco le difficoltà di questa emergenza e tutte le pressioni, ma non credo che i nostri politici sappiano bene cosa c’è da fare. Diciamo che forse ciò che conta realmente è non perdere la poltrona… Mi scusi, ma questo virus mi ha resa più nervosa e cattiva».
Riesce a trovare conforto nella sua musica?
«La musica mi ha aiutato molto nel primo periodo dell’epidemia. Ascoltavo sempre i grandi della musica: Bach soprattutto, ma anche gli italiani, da Verdi a Rossini. Mi trasmettevano un senso di autentica beatitudine. Ora, invece, provo uno strano rifiuto per la musica».
Non la ascolta?
«Per niente. È davvero una cosa particolare per me, mai successo prima. So che è momentanea e che passerà. Perché la musica per me significa amore».
Come se lo spiega?
«Colpa di questo anno infausto. In realtà, io sono nata in un altro anno bisestile, il 1940. Però questo 2020 ha portato solo dolore. Al mio compagno è stato diagnosticato un tumore, poi mi sono ammalata di Covid. È anche morto il mio ex marito a cui ero legata per tanti ricordi e per mia figlia. Infine, l’atroce addio a mio fratello».
Nessun dettaglio da salvare?
«I messaggi di solidarietà che ho ricevuto. Mai me ne sarei aspettata così tanti. Quella foto che ho messo su Instagram quando ero in ospedale ha avuto 350 mila reazioni e commenti ogni giorno. Non vorrei fare nomi per non dimenticare nessuno ma i miei colleghi sono stati straordinari. Mi hanno chiamato praticamente tutti: Ornella Vanoni, Milva, Orietta Berti. E poi la Toffanin che non finisce di preoccuparsi… La Hunziker, Perego, Mara Venier, D’Urso. E gli uomini: Albano, Bobby Solo, Fausto Leali, ma anche giornalisti, politici, perfino tante persone che non conoscevo. Tutti affettuosi con me».
Che cosa la preoccupa di più in questo momento?
«Il fatto che gli anziani vengano trattati tanto male. E non parlo di cosa accade nelle Rsa. Parlo di ciò che sento alla tv: si compatiscono gli anziani, si dice che non sono più utili e altre… cavolate del genere. Ma l’Italia non è come certi Paesi del Nord: qui il rapporto tra nonni e nipoti è molto importante. Non potete mandarci a morire sulla collina. Almeno, per quanto mi riguarda. Io non mi arrendo alla malattia, combatto. Tornerò in pista, riprenderò a cantare».
Qual è il prossimo progetto a cui sta lavorando?
«Stavo già preparando un nuovo disco, una canzone molto bella, scritta da Malgioglio. Ora anche lui è chiuso in casa e devo aspettare. Ma appena sarà possibile, ripartiamo. Nello scorso mese di maggio, se non ci fosse stata la chiusura per il virus, su Canale 5 sarei andata in onda con due puntate sulla storia della mia vita, raccontata in musica con le mie canzoni. Il progetto è stato solo sospeso, aspettiamo la prossima primavera. Io ho bisogno del pubblico, almeno 200 spettatori; farlo in uno studio vuoto non avrebbe senso, mancherebbe il calore. E poi c’è un’altra idea…».
Un’altra canzone?
«No, si tratta di un libro. Quando sono stata in ospedale, in quei nove giorni, non potevo fare nulla, ero isolata. Per non impazzire, ho usato la mia fantasia, ho immaginato una storia. L’ho pensata al maschile, una bella storia, e ho già anche il titolo: “Il volo del nibbio”. Sarà il racconto del rapporto d’amore tra un nonno e il suo nipotino. La morale? Mai fermarsi».