I proventi dell’autore per “Io e lei” sono destinati ai Missionari della Consolata e alla chiesa di San Pietro a Cherasco; inoltre nel suo libro Davide Cassine cita spesso la città d’origine e continua a frequentarla, per via dei legami familiari e amicali e perché ad essa sono legati i ricordi dell’infanzia e dell’adolescenza. «Sono contento perché chi ha letto il libro e ha più o meno la mia età», commenta Cassine, «mi ha detto che ho reso bene l’idea degli anni ’70 e ’80. Erano tempi difficili: economicamente eravamo tutti messi piuttosto male, però il fatto che non ci fosse nulla ci portava a inventarci modi incredibili per passare il tempo, facendo anche qualche bravata. Cherasco mi è rimasta nel cuore e anche per quello nei vent’anni passati a Torino non sono mai riuscito a coltivare nuove amicizie: per me gli amici sono rimasti quelli di quegli anni lì». «Due giorni dopo l’intervento di asportazione del tumore», prosegue il dottore-autore, «c’era il concorso da primario di chirurgia per Alba-Bra, ovviamente non ho potuto partecipare e i miei colleghi di Langhe e Roero sapevano che la mia assenza era dovuta al cancro. In quella prima fase erano già girate le voci sulla mia malattia in paese, ma i miei amici storici, come pure mio fratello, hanno sempre negato spudoratamente. Nella mia vita ho sempre preferito viaggiare sottotraccia; quando sono diventato primario a Torino l’ho fatto sapere a pochissime persone. Lo stesso ho fatto con la bestia, almeno prima di scrivere il libro».