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«Il nuovo ospedale è una scintilla che dà entusiasmo»

Bruno Ceretto, presidente della Fondazione che sostiene il nosocomio “Michele e Pietro Ferrero” di Verduno invita ad affrontare le nuove sfide con determinazione

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Non ha mai avuto pau­ra di rimboccarsi le maniche né di darsi da fare in pri­ma persona. Non deve quindi stupire il fatto che, nei mesi scorsi, abbia deciso di “piazzarsi” davanti allo stabilimento della Ferrero per distribuire volantini a favore di una campagna solidale. Lui è il Cavaliere del lavoro, nonché imprenditore vitivinicolo di successo, Bruno Ceretto, da due anni e mezzo presidente della Fon­dazione nuovo ospedale Alba-Bra onlus.

Presidente Ceretto, tempo fa l’abbiamo vista scendere in piazza per sostenere i progetti della Fon­da­zione. È stata efficace la sua azione?
«Spero proprio di sì (sorride, nda)… ma lo scopriremo solo tra qualche mese, quando sarà noto l’esito della raccolta. Lo rifarei. La nostra gente, che si fa sempre in quattro e dà molto, su tutti i fronti, merita il meglio, specie quando si parla di sanità».

Si sarà emozionato, quindi, con l’apertura del nuovo ospedale “Michele e Pietro Ferrero”.

«Lo ammetto: l’emozione è stata grande. Sono rimasto particolarmente impressionato».

Cosa l’ha colpita di più del nosocomio “Alba-Bra”?

«Tante cose: nel tempo, ho sentito, come tutti del resto, critiche e polemiche, illazioni e autentiche panzane sull’ospedale. Quando ho iniziato ad addentrarmi in questo mondo ho scoperto una realtà completamente diversa rispetto a quella, pesantemente negativa, che veniva descritta».

Un esempio?
«Guardiamo le spese: si dice spesso che la struttura sia costata uno sproposito; in realtà, si sono spesi meno di duemila euro al metro quadrato, compreso l’arredamento, ovvero il costo di un’abitazione normale. Anche l’attuale strada, come mi hanno confermato alcune associazioni che operano nel settore, non ha finora causato particolari criticità. E, poi, l’ospedale offre benefici non da poco…».

Ce li descriva.

«Le strumentazioni e le dotazioni sanitarie, sicuramente. Ma, prima di tutto, l’“architettura” che rende il nostro ospedale un capolavoro di straordinaria bellezza. A ciò si aggiunge la posizione collinare, che consente ai degenti e ai loro familiari di apprezzare gli scorci fantastici offerti dalla Valle Ta­na­ro e dai vigneti di Barolo e Arneis: una medicina per l’anima. Infine, va considerato un altro aspetto: il sorriso che, ogni giorno, mostra il personale operante a Verduno, oltre all’entusiasmo che esprimono i nuovi primari quando mettono pie­de nel nosocomio per la prima volta. E non è così scontato visto che diversi di loro arrivano da altri importanti ospedali italiani».

Che ruolo gioca in tutto questo la Fondazione?
«Il nostro compito è quello di far sì che l’ospedale possa assicurare “benefit” unici. Il parco curativo, che creeremo grazie alla generosità e alla sensibilità mostrata ancora una volta dalla Ferrero e, in particolare, dalla signora Maria Franca, va proprio in questa direzione. Vale lo stesso per il progetto che porterà alla realizzazione di una vigna di Barolo, attraverso la quale verrà prodotto uno speciale vino solidale che verrà venduto all’asta per sostenere le nostre attività».

Da dove nasce questo spirito?

«Siamo gente abituata ad arrangiarsi, senza affidarsi troppo alla “provvidenza”. Del resto, siamo stati capaci di trasformare le terre della “malora” in una zona ricca di benessere».

Le prospettive sono ancora così rosee?
«Rispetto a sessant’anni fa, quando “sgambettavamo” per dar vita a tale trasformazione, la realtà for­se è un po’ meno “allegra”. Col­pa soprattutto della globalizzazione. Ma c’è una scintilla…».

Qual è?
«L’ospedale! Mi correggo: più che una scintilla è un vulcano, capace, per il suo valore intrinseco, di assicurare al territorio la spinta necessaria per ritrovare la “voglia di fare” e il “buonumore” che aveva oltre mezzo secolo fa».