«Vivremo un nuovo Rinascimento»

Il governatore del Piemonte Alberto Cirio invita ad affrontare il 2021 con fiducia

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Ci ascolta con attenzione, illustra le sue opinioni con cura, di­fende le sue tesi con de­terminazione. Si prende il tempo necessario, senza fretta. Ci tiene ad approfondire, a dare risposte non scontate. Ci ferma soltanto quando chiama il Pre­fetto di Torino. “Chiude” la telefonata e poi ripartiamo. Quella con il presidente della Regione Pie­monte Alberto Cirio è un’intervista a tutto tondo.

Presidente, è più felice perché sta finendo il 2020 o più preoccupato perché sta per iniziare un nuovo anno che appare complicato?
«Sono “felice” che il 2020 sia agli sgoccioli. È stato l’anno più difficile della mia vita…».

Come si è sentito?
«Ero presidente del Pie­monte da otto mesi, quando, il 22 febbraio, è iniziato l’incubo “Covid”. Sono state settimane complicate e, purtroppo, lo sono tutt’ora. Anche se oggi la prospettiva appare diversa».

Si intravede uno spiraglio?
«C’è il vaccino. Abbiamo predisposto la pri­ma fase di vaccinazioni: partiremo il 27 di­cembre ed en­tro l’inizio di febbraio contiamo di aver somministrato oltre 170 mila dosi, destinate a personale sanitario, compresi medici di base e pediatri, e a ospiti e operatori delle Rsa».

Lei farà il vaccino?

«Quando sarà il mio “turno” lo farò convintamente. Non esiste una “patente di immunità”, ma avendo già contratto il Covid e, di conseguenza, avendo già sviluppato gli anticorpi sarò tra gli ultimi a poter ricevere il vaccino. È giusto che prima si vaccini chi ne ha più bisogno».

Qual è l’errore che imputa al suo Esecutivo o, comunque, quale scelta non rifarebbe?
«Le pandemie si chiamano così non a caso: sono delle autentiche emergenze. Le dirò di più: quella che stiamo vivendo è la situazione più grave dopo la Seconda guerra mondiale».

Quindi vuole dire che di più proprio non si poteva fare?
«Dico che abbiamo fatto il massimo, sempre. Lo sforzo profuso è stato enorme. Abbiamo cercato di far “rendere” il settore sanitario al massimo delle sue possibilità, impiegando nel migliore dei modi le risorse che avevamo a disposizione».

Com’è lo stato di salute della sanità piemontese?
«Ho trovato un “esercito” costituito da persone e ospedali eccellenti, che hanno ben figurato. Grazie a ciò, siamo riusciti a prestare le cure necessarie a ciascun paziente ricoverato in ospedale, a triplicare i posti per la terapia subintensiva e a raddoppiare quelli per la terapia intensiva».

Qualche criticità, però, si è purtroppo presentata…

«Ci sono effettivamente grosse carenze sotto il profilo della medicina territoriale».

Cosa non funziona?

«Tra gli ospedali e le case dei pazienti non ci sono filtri. In Piemonte, ogni cento positivi al Covid ne ricoveriamo otto, il doppio della media nazionale: ciò avviene non perché i nostri malati siano più gravi ma perché manca, appunto, il filtro territoriale che consenta a questi pazienti di curarsi o essere curati a domicilio».

Come si pone rimedio?
«Bisogna investire di più sui medici di medicina generale, sui pediatri di libera scelta e sugli infermieri di comunità, i pilastri della medicina territoriale. La medicina territoriale è essenziale e deve diventare la parola d’ordine della sanità del futuro del Piemonte».

Vi siete già attivati per farla di­ven­tare una priorità?
«Sì. Abbiamo recentemente de­positato uno specifico disegno di legge, con uno stanziamento suppletivo di 12 milioni di euro, che contiamo di approvare an­cora entro la fine dell’anno e che, finalmente, “costruisce” la medicina territoriale piemontese. Ciò ci consentirà di curare i pazienti a casa loro, meglio e sen­za ritardi».

È una “lezione” della pandemia?
«Assolutamente sì. Se c’è una cosa che il coronavirus ci insegna è che sulla sanità e sulla salute delle persone non si ta­glia. Nei decenni passati, nella nostra regione, questo settore è stato letteralmente mortificato. Non deve più accadere».

Il provvedimento assunto du­rante l’emergenza di cui va più orgoglioso?

«L’azione di “screening” effettuata nelle residenze per anziani. Dal 30 marzo, di concerto con le singole Prefetture, è stato istituito un osservatorio regionale permanente sulle Rsa, oltre a “cabine di regia” provinciali. Inoltre, è stata creata una piattaforma che da un lato permette a ciascuna struttura di interagire in tempo reale con la Regione e che dall’altro consente alla Re­gione di monitorare minuto per minuto ciò che avviene nei centri anziani del Piemonte. In parallelo, ogni quindici giorni, i volontari della Protezione civile consegnano alle Rsa “kit” per sottoporre a tampone Covid ospiti e personale. È un’attività che va oltre l’emergenza: agli an­ziani e alle persone che si pren­dono cura di loro dobbiamo prestare la massima attenzione».

Cosa le ha dato più forza?
«Le persone, in generale e… un albero speciale, quello che i medici cubani, giunti in Pie­monte durante la prima fase dell’emergenza con un volo pagato dalla famiglia Lavazza (che acquista parte del proprio caffè proprio a Cuba, nda), han­no fatto sistemare davanti al­l’o­spedale allestito presso le Ogr di Torino. Per ciascun paziente guarito, facevano collocare sul­l’albero un fiocco bianco. Ogni sera, “allungavo” il percorso verso casa per poterlo vedere. È un’usanza africana che dà forza e speranza».

A chi ha pensato di più?
«Mai come in queste settimane ho sentito l’assenza di mio padre Dante, scomparso dieci anni fa… Avrei voluto chiamarlo di tanto in tanto, per un consiglio o semplicemente per sentirlo. Sa, di fronte a certe decisioni si prova una grande solitudine».

Come si risolleva il Piemonte?
«Dobbiamo dare vita a un grande Rinascimento, facendo forza sulla nostra storia, su chi, da buon piemontese, ha già dimostrato di saper uscire dalle sabbie mobili della guerra, della carestia e della povertà e ispirandoci a persone come Cavour e Einaudi, alla Resistenza e ai suoi valori. Abbiamo nel Dna la forza per rialzarci e reagire».

Come lo si traduce in concreto?

«Sarà fondamentale comunicare l’immagine di una regione in sa­lute, capace di stupire ed essere all’avanguardia. Siamo tra i pri­mi al mondo per ingegno, inventiva, industria, innovazione, agri­col­tura, turismo, cultura, ar­te, paesaggio: dobbiamo raccontare e promuovere tutto ciò, “sfruttando” le potenzialità de­gli eventi estivi e autunnali che ci permetteranno di tornare in presenza. E poi ci sarà l’Expo a Dubai, in cui il Piemonte sarà protagonista».

Prima di riabbracciare i turisti, però, dovremo sistemare la viabilità, non crede?
«Entro la fine del mandato, così come abbiamo aperto l’ospedale di Verduno, contiamo di completare l’autostrada “Asti-Cu­neo”. Il cantiere è pronto a riaprire, manca una firma al Mi­nistero dell’economia…».
Anche i collegamenti con la Francia, compromessi dall’alluvione di ottobre, restano bloccati al palo…
«Non ci è ancora stato comunicato con chi del Governo dobbiamo interloquire… È inaccettabile. Per il Cuneese, la buona notizia riguarda lo sblocco delle risorse per il rilancio della Valle Bormida».

Chiudiamo con gli auguri.
«Mi auguro che questo 2020 finisca in fretta e che i sacrifici umani ed economici che abbiamo dovuto sopportare non siano vani».