Considerate se questa è una donna
Senza capelli e senza nome
Senza più forza di ricordare
Vuoti gli occhi e freddo il grembo
Come una rana d’invern
Primo Levi, Se questo è un uomo
In occasione del Giorno della Memoria, Progetto Cantoregi, in collaborazione con Anpi Racconigi e Comune di Racconigi, firma l’allestimento scenico “Come rane d’inverno”, dedicato alle donne nella della Shoah, per non dimenticare la specificità del loro vissuto e il dolore patito in condizioni di privazioni estreme, in prigionie fatte di fame, freddo, percosse, umiliazioni, viaggi della morte con un capolinea chiamato lager.
Allestito alla Soms di Racconigi, il lavoro scenico è visitabile online dal 27 gennaio 2021, grazie al video pubblicato sul sito web progettocantoregi.it e sulla pagina Facebook di Progetto Cantoregi e sul sito del Comune di Racconigi.
Le toccanti e drammatiche testimonianze di donne, spesso ancora bambine o giovani ragazze, che sono state internate nei campi di concentramento, o di intellettuali, che hanno urlato e urlano contro gli orrori dell’Olocausto, scorrono sullo schermo della Soms, un grido silenzioso contro i soprusi dell’uomo sull’uomo.
Si alternano, tra le altre, le parole di Anna Frank, Etty Hillesum, Edith Bruck, Liliana Segre, Hannah Arendt, Irène Némirovsky, Nelly Sachs, Gitta Sereny, Simone Weil, Elisa Springer, Joyce Lussu, Lidia Rolfi.
In scena, tra il palco e la platea della Soms, si stagliano gli oggetti tristemente simbolici dell’inferno concetrazionario, che rappresentano gli effetti personali o domestici sottratti all’identità e alla dignità di tante donne: scarpe, indumenti, cappotti, sciarpe e foulard, libri, pettini, valigie, bambole, posate e anche capelli.
«L’installazione “Come rane d’inverno” – spiega il presidente di Progetto Cantoregi Marco Pautasso – trae ispirazione dai versi della nota poesia di Primo Levi, ed è dedicato alle donne nella Shoah, alla condizione femminile all’interno dei lager, alla specificità del loro vissuto. Non c’è volontà di guardare la Shoah da una prospettiva di genere, perché non esiste una gerarchia nella sofferenza. Ma queste testimonianze hanno contribuito ad allargare e arricchire l’ambito della nostra riflessione, la visione e comprensione di quanto è accaduto, anche nelle sue atrocità più efferate».
c.s.