Tiziana Ferrario è principalmente nota per essere stata il volto del Tg1, che ha iniziato a condurre nel 1982 nella allora innovativa edizione della tarda serata, per poi arrivare a quelle delle 13,30 e delle 20, le più seguite in assoluto, nel complesso periodo di Tangentopoli. Ideatrice nel 1997 del Tg Ragazzi, ha poi vinto per due volte il Telegatto per la sua attenzione verso una televisione a misura di minori. Ha pubblicato diversi libri (tra i più recenti, si ricordano “Orgoglio e pregiudizi. Il risveglio delle donne ai tempi di Trump” e “Uomini, è ora di giocare senza falli!”). Nel frattempo, è stata presente sui principali scenari di conflitto e tensione internazionale degli ultimi tre decenni: dall’Afghanistan, all’Iraq, al Sud Est Asiatico, all’Africa tra il Nord Uganda e il Darfur. È però proprio l’Afghanistan ad aver segnato indelebilmente il percorso della giornalista milanese, tanto da portarla a scrivere, nel 2007, un libro basato sul periodo trascorso in quel paese, “Il vento di Kabul. Cronache afghane”, che presenta tutt’oggi domande di grande attualità sull’instabile situazione di quella realtà. Ferrario, nel corso dell’intervista, si è detta ancora profondamente legata e dispiaciuta per i dolori che vive l’Afghanistan, da lei raccontato nella fase successiva ai talebani, quando veniva presentato dagli americani come un successo di “democrazia da esportazione”. In quel quadro emergevano, al contrario, le sofferenze di un paese indissolubilmente legato agli aiuti internazionali, preda di convulsioni politiche e sociali fortissime, che rimane, paradossalmente, il più grande produttore di oppio mondiale. Oggi come allora, Tiziana Ferrario sottolinea il forte impegno italiano in quell’area, di cui però raramente si parla, se non in relazione a fatti e vicende drammatiche, e l’importanza di un paese troppo frettolosamente rimosso dalle priorità dei media. Negli ultimi anni ha lavorato come corrispondente da New York. Raccontando le tensioni e le divisioni crescenti negli Usa, è rimasta colpita dalla ventata di orgoglio emersa tra le donne americane che hanno rialzato la testa chiedendo parità e difesa dei loro diritti.
«Sono rimasta legata all’Afghanistan: bisognerebbe parlare di più degli italiani impegnati in quell’area»
La giornalista è stata anche corrispondente da New York: qui ha raccontato la ventata d’orgoglio con cui il movimento femminile ha rialzato la testa