IL FATTO
alcuni drammatici episodi di cronaca hanno rilanciato l’allarme sui social: sono pericolosi per i ragazzi? quali sono le responsabilità dei genitori?
L’avrete notata in qualche apparizione televisiva: Stefania Andreoli è una psicoterapeuta milanese di bell’aspetto e concetti chiari. Li esprime settimanalmente anche nel programma “Catteland” su Radio Deejay, rispondendo alle domande dei genitori sui temi che riguardano la complessità dei rapporti tra madri, padri e figli. Di recente la professoressa Andreoli ha effettuato uno “speech”, un intervento, all’evento culturale Ted, affrontando la questione del “Chaos e adolescenza” in tutti i suoi risvolti. Lo ha fatto come in una “pièce” teatrale utilizzando le armi dell’ironia e del paradosso. Ne è uscita una narrazione in cui molti genitori, alle prese con figli quindicenni, troveranno utili indicazioni. Una lezione anche per chi si appresta ad affrontare l’adolescenza, alla luce dei fatti di cronaca che hanno raccontato le tragedie di bambine e bambini soggiogati dai “social”, vittime di TikTok. «Ricevo lettere che mi descrivono situazioni bellissime», ha premesso Andreoli all’inizio, «e mi dipingono quadri idilliaci di famiglie felici con figli adolescenti: esistono, sono reali». Ma più frequentemente la vita dei ragazzi nelle famiglie di oggi ruota attorno al concetto di caos (dal greco “chaos”, appunto), ovvero: «Caos relazionale, porte sbattute e chiuse, silenzi, caos del fisico che muta, è manipolato e tatuato, agghindato. Caos anche dei luoghi: stanze sottosopra, il bagno diventa succursale di un’industria bellica, la camera da letto luogo dell’orrore». Per rendere l’idea. E allora? Prima di tutto, bisogna capire il contesto in cui viviamo. «Oggi», dice Andreoli, «noi adulti siamo tranquilli, sorvegliamo la vita dei figli, li affidiamo ai “social”, siamo riusciti a estinguere la loro adolescenza, li abbiamo trasformati in amici, colleghi, compagni di squadra. Siamo la prima generazione di genitori che scambia consigli con i figli, ricevendoli anche». Il racconto della realtà moderna suggerisce il dubbio che tutto sia davvero corretto. Perché imporre uno schema non è naturale. «I figli non si adeguano al ruolo fisso. Finiscono per odiare chi amano, per non abbassare la maschera. Il caos è la nostra natura, non l’ordine. Veniamo al mondo squarciando il corpo della madre, la vita è caos. Se limitiamo i figli, sembrano crescere ma non evolvono. Certo, sono al sicuro, ma non diventano adulti. Lo so, innamorarsi del caos significa impazzire ma l’alternativa è restare al riparo da un futuro. Nel caos qualcosa succede. È vita. Dal greco antico, “chaos” si riferiva alle fenditure che si aprono su grandi spazi». La conclusione: «Vi auguro di avere a che fare con figli alle prese con il loro caos ed essere contenti immaginandoli affacciati sul loro futuro».