Darko Damnjanovic nasce a Lazarevac, nell’allora Jugoslavia, a 60 chilometri da Belgrado. Il suo sogno di piccolo calciatore si tramuta presto in realtà: a nemmeno sei anni viene tesserato per il settore giovanile della Stella Rossa. In un paese sconvolto, segue tutta la trafila del vivaio, dopodiché viene ceduto allo Zeleznik, dove esordisce in Serie A a 16 anni. Un prestito in Serie B al Dorcol, poi il ritorno allo Zeleznik, dove, nel 2004, vince la coppa nazionale serba in finale proprio contro la Stella Rossa. L’anno successivo il club ha gravi problemi finanziari e non si iscrive al campionato: Damnjanovic tenta alcuni provini all’estero, ma il suo procuratore viene assassinato. Dopo un paio d’anni «di resistenza», come li definisce lui, in Serbia, il ricongiungimento con i genitori a Ceva, nel 2006. Si tessera con l’Ama Brenta, tra i dilettanti; smesso con il calcio giocato, intraprende la carriera da allenatore: tre anni alla Juniores del Ceva, due nel settore giovanile della Monregale, dove vince un campionato provinciale Under 16. Poi, nuovamente a Ceva in prima squadra. Ora, il ritorno alle origini per una nuova vita.
«Scelsi il Monregalese dopo l’assassinio del mio agente»
Da promessa del pallone serbo a emigrato per gli effetti della guerra. Ora tornerà in patria tentando la carriera di allenatore professionista