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Il premier senza social

Dai politici sovraesposti a Mario Draghi, uomo schivo e senza... profili. Vi raccontiamo un po’ del suo privato, visto che del personaggio pubblico si sa tutto: dagli scacchi online al basket, dalla scuola con Magalli ai libri di Ellroy e al tifo per la Roma. Un potente che trovi al mare a Lavinio o su un’utilitaria tra le campagne umbre

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Mario Draghi. Custode di speranze. Economista preparatissimo e discreto, stimato e silenzioso, instancabile e riservato. Quasi un contrappasso che in tempi di politica social, d’esposizione non solo di idee ma di pancette abbronzate, sorrisi finti e pietanze, sia stato scelto un uomo senza profili, che agisce, tesse e guida senza postare, così efficiente, paradosso nel paradosso, da catturare lo stesso “follower”: Facebook, Instagram e Twitter riuniscono infatti cittadini che spontaneamente lo sostengono.
È un problemuccio anche per noi, il riserbo di Draghi. Perché nell’eleggerlo personaggio (e chi altri?) del momento, vorremmo offrirvi un ritratto non certo inedito, ma meno scontato dei mille proposti in questi giorni. Un modo per smarcarci e non uscire mortificati dal confronto con saggisti o commentatori illustri e per offrire al lettore una prospettiva diversa: tutto sappiamo della scalata, degli incarichi prestigiosi, del professore universitario e del banchiere, dei ruoli politici e pubblici, poco conosciamo dell’uomo, complice il suo essere schivo, la sua gelosa protezione della “privacy”.
Mario Draghi amava giocare a basket e sognava di essere Bill Bradley, stella della Simmenthal Milano, ma si ricordano anche partite infinite di calcio al Liceo Massimo di Roma come al Massachussetts Institute of Technology, dove fu il primo italiano a ottenere un dottorato, poi, negli anni, si è dedicato a jogging e trekking, tennis, sci e golf. Sono i compagni dei Gesuiti a raccontare che ci sapeva fare sia con i canestri che con i gol, e, a proposito, in classe con lui, c’erano Luca Cordero di Montezemolo e Giancarlo Magalli. A scuola era bravo, non secchione, e assai scherzoso: gli aneddoti tramandano epiche battaglie tra i banchi con i cannoli portati per le feste di compleanno.
Papà Carlo, radici padovane, era banchiere, mamma Gilda, originaria di Avellino, farmacista, Mario li perse entrambi, nel giro di pochissimo, quando aveva appena 15 anni: è stata una zia a tirarlo su, assieme i fratelli più piccoli Andreina e Marcello, ma lui ha comunque sentito presto le responsabilità del capofamiglia. Nell’estate del 1966, a Stra, sulle rive del Brenta, si innamorò di Maria Serena Cappello: sono sposati da quasi mezzo secolo e hanno due figli, Federica e Giacomo, lei, di nobile famiglia, esperta di letteratura inglese, è nota per essere perfino più riservata e semplice di lui. La famiglia è completata da un bracco ungherese.
Draghi è cattolico, devoto di Sant’Ignazio di Loyola. Non usa cappotti e se è capitato, in passato, che ne avesse uno piegato sul braccio era per non dispiacere al suocero che gliel’aveva regalato. Ama le lunghe camminate, il teatro classico, le canzoni di Leonard Cohen e i libri di James Ellroy, tifa Roma e ha avuto Totti come idolo. Gioca a scacchi online, con un profilo anonimo. Dorme pochissimo e difatti la leggenda calcola in diciotto le ore quotidiane di lavoro, è un maniaco della puntualità (si narra regoli l’orologio con cinque minuti di anticipo), non ama i soprannomi che gli sono affibbiati benché tendano, per lo più, a rimarcarne le qualità.
Vive tra Roma e Città della Pieve, dove ha comprato una villa qualche anno fa: è capitato, nelle campagne attorno, tra campi di zafferano e vigneti, di incontrarlo a bordo di una panda. Come di averlo incrociato in spiaggia a Lavinio. O a passeggio a Villa Borghese, nel cuore di Roma. Umiltà, una delle sue tre parole chiave: coraggio e conoscenza le altre due.