Finisce “nero su bianco”, ancora una volta, il riconoscimento del marchio collettivo per le “pesche di Canale”. Lo ha ufficializzato il Comune, con tanto di passaggio in assemblea consiliare, all’unanimità dei consensi, per suggellare una decisione già assunta a partire dal 1976. Confermato di decennio in decennio in ossequio alla normativa in materia, il municipio ha sempre badato alla forma nel vario avvicendarsi di sindaci e amministratori: per una sorta di certificazione d’origine la quale può essere utilizzata esclusivamente da produttori agricoli singoli o associati, e per cui la produzione deve essere ottenuta interamente nel territorio del Comune di Canale o nei Comuni del Roero. A norma di disciplinare, le aziende che intendono utilizzare il marchio devono fare richiesta agli uffici civici e vengono di conseguenza inserite in un albo conservato presso la Casa comunale: ciò, specificando i terreni adibiti a coltivazione delle pesche di Canale, il numero di piante e le varietà selezionate. Secondo le regole stabilite all’epoca (a vestire la fascia tricolore, un tempo peraltro indossata alla cintola, era l’indimenticato Pierino Bracco), questa denominazione è applicabile sia su varietà a polpa bianca sia a polpa gialla: escluse invece nettarine, percoche e pesca platicarpa, non identitarie del territorio canalese.
Forma, dicevamo: e, magari, anche spirito di rilancio per una coltura che nel tempo ha ceduto sempre di più alla vite e alla nocciola, trovando però ancora pochi (ma ottimi) alfieri nella cittadina storicamente associata al frutto “di squisito sapor in vellutata veste”, come recita l’antico slogan di questo prodotto e della Fiera estiva. Speriamo che torni anche quest’ultima, in forze, dopo lo stop obbligato dall’emergenza sanitaria del 2020.