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«Noi cuneesi ce la mettiamo sempre tutta»

Confermata ministro nel Governo di Draghi, Fabiana Dadone si dice pronta alla nuova sfida

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La sua conferma nel nuovo Governo formato dal premier Mario Draghi, anche se con la titolarità di un dicastero differente (dalla Pubblica Amministrazione alle Politiche Giovanili), suona come una promozione per la pentastellata monregalese Fabiana Dadone, unica rappresentante cuneese in seno al nuovo Esecutivo che è stato costituito dopo la conclusione del “Conte 2”. Noi della Rivista IDEA l’abbiamo contattata a distanza di qualche mese dall’intervista che ci aveva concesso ad aprile; intervista nella quale l’esponente del Movimento 5 Stelle sottolineava la necessità di fare fronte comune, perché «se non pensiamo insieme a soluzioni adatte», diceva l’allora Ministro per la Pubblica Ammini­stra­zio­ne, «non ci sarà futuro roseo per nessuno». Invocava, dunque, unità di intenti, ma anche fiducia nei provvedimenti del Governo dato che, sosteneva Dadone, «hanno aiutato realmente l’Italia, tanto che, come dicono alcune stime, senza le misure di contenimento a­vrem­­mo avuto nel nostro Paese decine e decine di migliaia di morti in più».

Ministro Dadone, facciamo un passo indietro. Senza l’azione di Renzi, Giuseppe Conte sarebbe ancora al suo posto, nel ruolo di primo ministro? Come giudica, in sostanza, l’azione dell’ex Sindaco di Firenze?
«Sì, Conte sarebbe ancora al suo posto, ovviamente. L’ope­rato di Renzi è stato definito dall’autore stesso “machiavellico”, con molta goliardia. Questo basta a rappresentare il personaggio e, come conseguenza, anche il 2% sarà per lui un miraggio d’ora in poi».

Dove ha sbagliato Conte?
«Quando vieni aggredito con ogni scorrettezza non ti devi chiedere dove hai sbagliato tu. L’addio di Conte, il calore con cui è avvenuto, dice chiaramente che non ha sbagliato nulla».

Cosa va salvato e portato avanti del suo Governo?

«Il piano per il Recovery Fund non cambia; quindi, direi che oggettivamente è stato salvato tutto, dall’impostazione ai tanti ministri riconfermati, me compresa».

Mario Draghi è la miglior scelta possibile per il nostro Paese che ha necessariamente bisogno di uscire al più presto dalla crisi?
«Lo scopriremo presto. Sicu­ra­men­te cerca coesione e ha marginalizzato politici irresponsabili tenendoli lontani dal Governo. Ci sono le premesse per proseguire il buon lavoro fatto fin qui».

Tornare a giurare davanti al presidente Mattarella a 17 mesi dalla prima volta è stata un’emozione diversa?
«Indubbiamente. Sono stati due giuramenti significativi: il pri­mo, in punta di piedi, senza clamore; il secondo, con restrizioni anti Covid e il favore di tutti i media».

La squadra di cui fa parte è all’altezza della difficile situazione in cui si trova a operare?

«Lo spero, come lo sperano gli italiani tutti. “Il Governo dei migliori”, “il Governo dei profili alti” sono solo titoli di giornale e l’effetto svanisce in fretta. Ma tutti sanno bene che l’aspettativa è alta e questo è uno stimolo importante».

Il bilancio del suo mandato ap­pena concluso da ministro per la Pubblica Ammi­ni­stra­zio­ne?

«Sono soddisfatta. Molto. Delle linee guida presentate in Parlamento ho portato avanti quasi tutto in fase già molto avanzata: dal lavoro agile all’interconnessione delle banche dati, dalla digitalizzazione alla rivalsa di un settore esautorato dalla banalizzazione pubblica. Molto c’è ancora da fare e sarei stata felice di proseguire ma accetto volentieri questa nuova sfida politica».

È tra i non molti ministri uscenti confermati. La considera una indiretta conferma del suo buon operato?
«La considero una conferma di ciò che ho subito chiesto: un governo politico. Non ho fatto nulla per entrare in questo Governo, quindi sono chiaramente onorata delle valutazioni fatte a riguardo».

Relativamente al suo nuovo, importante, mandato, quali saranno le priorità?

«Rispondo come feci il 5 settembre 2019 riguardo alla funzione pubblica: studierò i dossier aperti, mi prenderò del tempo per le valutazioni e, solo dopo, mi esprimerò».

Non crede sia giunto il momento di una vera riforma nel settore delle politiche giovanili?

«Il Recovery Fund ci ha portati a riformare molti aspetti della vita degli italiani. In questo ministero il mio ruolo è soprattutto di raccordo, simile al precedente, e più che una riforma mia credo sarà importante trovare un comune denominatore con gli altri ministeri e muoversi in sinergia».

Cosa porterà del modello cuneese nel suo nuovo dicastero?
«A Roma continuo a portare con me l’essere una cuneese. E per me significa lavorare sodo e a testa bassa».