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Un’opera specchio dei nostri tempi

Merito del canalese Paolo Pera

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Un’opera risalente a tempi tutto sommato “remoti” (la prima edizione è datata 1845), ma che ora riemerge con tutta la sua attualità: è “Pierino Porcospino”, creazione letteraria nata in origine dalla penna di Heinrich Hoffmann, il quale fu per anni direttore dell’ospedale psichiatrico di Francoforte sul Meno. Una terra lontana dal Roero, senza dubbio. Eppure, vicina in spirito alla Sinistra Tanaro, almeno, se si segue l’animo ispirato di Paolo Pera, giovane scrittore, fumettista in gamba, critico letterario e personaggio a tutto tondo delle nostre colline. Pera arriva a questo punto del suo cammino artistico, cavando dalle tasche un’idea di fondo, in anni di piena produttività tra parole e sensazioni, e nei quali ha peraltro dato alle stampe un’altra recente pubblicazione di tutt’altro tono: ossia “La falce della de­cima musa-La morte passiva d’u­no scheletro danzante”, raccolta di poesie e prose tra grazia, esistenza, ironia e rapporto con la rappresentazione della morte, con tanto di prefazione autorevole di Mario Marchisio.
Un’idea, uno spunto di fondo, dicevamo: ossia, rielaborare quel teutonico testo in cui Hoffmann racchiuse la sua passione nello scrivere brevi racconti per bambini, inventando personaggi e disegni da utilizzare durante le sedute con i piccoli pazienti dell’ospedale psichiatrico, per stabilire un rapporto di fiducia con i bambini.
Ma dal Mississippi di Huckle­berry Finn, passando per i cronicari di Francoforte, e chiudendo l’ideale giro di ritorno al Roero, quanta strada c’è? Anche pochissima, a patto che ci sia la voglia di confrontarsi di un testo “spinoso” quanto le sembianze e il comportamento di Pierino Porco­spi­no, personaggio volutamente ne­gativo, fulcro di tutto un libro in cui, nel suo essere sporco, capellone, con le unghie lunghissime, scortese e arrogante, ben si trova con una serie di altri oggetti di narrazione, ognuno con la propria filastrocca, ciascuno secondo il proprio nero destino.
Difficile, difficilissimo scriverne ancora: Paolo Pera c’è riuscito, però. Come? «Man­te­nendo il con­tenuto delle filastrocche originali, e adattando il tutto alle esigenze attuali. «I protagonisti», dice l’autore, «sono bambini con i classici problemi dell’infanzia come obesità, dislessia, iperattività, sadismo… cose che ebbi anch’io (e ci ride su, di gusto, ndr) e che in genere nel corso della vicenda ci lasciano le penne».
Ecco, però, lo spunto originalissimo di Paolo: «Nel “classico” di Hoffmann, questi personaggi già vengono crudelmente puniti, mentre nel mio, tutto è più estremo e tale narrazione cerca di comicizzare la violenza per far emergere quella cultura da cartoni cinici e videogames violenti che fu pane quotidiano per i nati negli Anni ’90 come me. Chia­mo questa mia versione “macabro divertissement” proprio perché tutto è assai goliardico pure negli accadimenti bruti».