«Noi ristoratori siamo disperati»

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Sono sempre più evidenti e drammatiche le difficoltà in cui versano le attività di ristorazione, messe in ginocchio dalle norme anti contagio. Di seguito pub­bli­chia­mo una delle tante lettere recapitate alla nostra redazione. In questo caso abbiamo scelto quella di Elena Ca­na­vero, figlia di Silvana Pelleri, la proprietaria della Trattoria da Lele di Murazzano.

“Carissimo presidente Draghi, il 2020 l’ho fi­ni­to menzionando una canzone di Vasco Rossi, ‘Voglio proprio vedere come va a finire’ e, purtroppo, nel 2021 non è cambiato niente.
Non sono laureata e non faccio parte del Comitato Tecnico Scientifico, ma sono una giovane mamma con la passione per la ristorazione. Ho dedicato tutta la vita a questo lavoro e non faccio altro che servire ai tavoli. Parlo a nome mio e a nome di tutti i ristoratori e baristi che vivono nella paura e nella precarietà di esser ‘cambiati di categoria’ da un momento all’altro. Cont­inuando a ‘colorarci’ di arancione, caro Presidente, mettete in difficoltà il nostro settore. Abbiamo esaudito le vostre richieste, ci siamo adattati ‘al metro di distanza tra una persona e l’altra’, ai tavoli ‘per un massimo di quattro persone’, abbiamo limitato gli orari e ‘insegnato’ alle persone come lavarsi le mani. Ci siamo adeguati a fare i controllori, i vigili, ci siamo sentiti tutto tranne che camerieri, baristi e cuochi. Siamo stati disposti a tutto quello che ci avete imposto ma, a conti fatti, non è servito a nulla. Sono certa che se ce lo doveste chiedere, saremmo anche in grado di portare i vaccini nei vassoi.
Chiedendoci di sacrificarci ancora ci lasciate con i frigoriferi pieni e tante perplessità: così facendo, state considerando noi ristoratori ‘come untori’. Ma vi assicuro che nel caffè non troverete la variante “brasiliana” del coronavirus così come non troverete nel ripieno dei ravioli la variante “inglese”. La notizia di una nuova “zona arancione” ha buttato tutti noi, ancora una volta, nel baratro e nella disperazione, per non parlare dei nostri ragazzi e ragazze che lavorano con noi, rinunciando a tutto. Ho scritto questo sfogo con la consapevolezza che nulla cambierà, che chiuderete ancora le nostre attività, ma con la speranza che capirete quanto tutto questo non stia permettendo a un intero settore di svegliarsi sereno ogni mattina”.