Sempre un’ottima possibilità, unico “sfogo”, “ora di aria”, è, per i “reclusi” delle giornate “arancione” o “gialle”, la passeggiata vicino a casa, entro i limiti del Comune.
Per i peveragnesi vi è l’opportunità di assaporare la bellezza e la tranquillità delle loro colline, ma che, come tutte le pendici della Bisalta, hanno ancora potenzialità non ben espresse, capaci di attirare, quando sarà possibile, anche visitatori da fuori.
Uno dei punti forti son certo i “castagni”, in certi tratti tenuti benissimo, boschi puliti ed ordinati, ma vere «sorprese» possono capitare.
Succede, ad esempio, quando scendi da Montecalvino, «Muncarvin», sopra frazione San Giovenale, antico sito di culti druidici celto-liguri. Proseguendo verso il «Colletto», al confine con Boves, in mezzo a boschi ancora tenuti perfettamente, puliti come li si vedeva un tempo, si incontra, lungo il sentiero, a curiosa realizzazione.
Si tratta di grandi composizioni di legno di grandezza reale, con figure che nascono dalla unione intelligente di pezzi abbastanza grezzi (materiale usato, ovviamente, quello che fornisce bene il posto, legno, soprattutto di castagno).
Sono scene di cacce antiche e mitologia, dalla grande forza espressiva pre romana, efficaci, cacciatori-guerrieri con cervi. Il personaggio che più impressiona, anche per la espressività facciale, è sorta di «centauro». Seduto sul bordo del percorso saluta un suonatore di tamburo, di cui par sentire le musiche tribali.
L’artista non ha firmato le sue opere, e vano è stato il nostro tentativo di sapere, chiedendo a Peveragno, chi sia. Ovviamente siamo portati a credere che possa essere il padrone del terreno o qualcuno da lui autorizzato a tali “opere”.