Gentile allegro chirurgo, le scrivo in seguito al gran parlare che si è fatto intorno all’evidente ed apprezzabile dimagrimento della cantante Noemi. Bello anche il messaggio che ha lanciato: “Non bisogna dimagrire per gli altri, ma per se stessi”. Tutto vero e tutto giusto. Manca un tassello, però. Con l’abbellimento possono arrivare anche nuove responsabilità e non è detto che si sia pronti a fronteggiarle. Parlo di me ora. Dopo anni passati nella più totale noncuranza del mio aspetto, il giorno del 52esimo compleanno ho deciso che era ora di darmi una sistemata. Ero trascurato, grassoccio, con una perenne pettinatura “riga da una parte” e capelli impomatati, maglioni che di rado avevano qualcosa a che spartire con i pantaloni e spesso nemmeno con la mia taglia, occhialoni fuori moda prima ancora che il termine moda avesse un significato. Nonostante tutto questo, avevo (e ho) una moglie, che mi ha sempre amato per com’ero. Anche per questo, anche per lei, ho voluto mettere in atto la trasformazione, durata due anni: non mi sono addormentato cozza daltonica e svegliato “fisicato” dal buon gusto; ho fatto un lavoro graduale, costante e decisamente faticoso. Alla fine di questo processo, mi son sentito un altro, non solo nell’aspetto: più sicuro di me, più spiritoso, in poche parole, più attraente. Ora non è raro che qualche donna “flirti” con me, facendomi capire che ci sarebbe del margine per andare oltre; in più di un caso mi sono sentito “abbordato”. E certe volte faccio davvero fatica a dir di no. L’ho sempre fatto, perché non mi perdonerei un tradimento ai danni di mia moglie, ma in alcuni casi anche il rimpianto per quel che potrei e non faccio è grande, tanto da arrivare a dire che, forse, “era meglio quando era peggio”. Perché essere “belli” (mi si conceda l’esagerazione, non è che sia Brad Pitt, ne sono conscio) è bello, ma solo se sai come gestire il tuo nuovo te, senza mandare all’aria ciò che c’era prima e che già ti piaceva.
Davide (Cuneo)