Home Articoli Rivista Idea «L’assegno figli è una promessa che va mantenuta»

«L’assegno figli è una promessa che va mantenuta»

Il direttore di Avvenire: «È necessario immaginare un sistema alternativo dove il profitto non sia al vertice di tutto. Le scuole chiuse non portano nulla di buono. La suora del Myanmar come il giovane di Piazza Tienanmen: la resistenza delle idee e della fede»

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Direttore, come giudica fin qui l’operato di Mario Draghi e del nuovo Governo?
«Siamo ancora in una fase iniziale ma trovo positivo, per esempio, che a sostenere Draghi ci sia un programma stringato con al primo posto la pandemia e le grandi questioni sociali ed economiche. Per il resto, il giudizio resta ancora sospeso. C’è forse un maggiore rigore per le questioni Covid, ma è qualcosa che procede in continuità con il governo precedente. Come spesso sostenuto dal nostro editorialista Walter Ricciardi, meglio un sacrificio immediato piuttosto che a rate e non si sa per quanto. E ci arriveremo comunque. Detto questo, sappiamo la fatica che fa il Paese e c’è grande attesa per le scelte in campo economico. Ad esempio, per i fondi che serviranno a mantenere la promessa dell’assegno unico per i figli a partire da luglio: se questa misura non fosse rispettata, le conseguenze sarebbero devastanti».

Che cosa ci sta lasciando il virus e quali prospettive abbiamo davanti?

«Il virus è come un evidenziatore per i punti di forza e di debolezza. Tra le cose che funzionano ancora, c’è la solidarietà dentro alle istituzioni che è la vera forza del Paese e contrasta con il prezzo che paghiamo alla presunzione di un rilancio che non tiene in conto la realtà e che non assicura sicurezza a nessuno, come gli effetti dei tagli alla sanità che stiamo vedendo. In questo, la rete civile senza le capacità della rete dei credenti non basterebbe a superare difficoltà così complesse».

Avvenire ha presentato “Eco­nomia civile”, uno spazio online e su carta dedicato al Terzo Settore. Si può immaginare un nuovo modello economico ispirato al valore delle persone e non al profitto a tutti i costi?

«Si deve immaginare, è l’alternativa non teorica. Da parte di chi fa l’altra economia, si vivono diverse dinamiche nei rapporti con le persone per territorio, storia, comunità e ambiente naturale. Queste sono le dimensioni, mentre parliamo di transizione ecologica e di economia circolare, sono i punti che Papa Francesco in “Laudato si’” e già Benedetto XVI avevano indicato. Una svolta non solo è possibile, ma urgente e indispensabile se vogliamo garantire un futuro alle nuove generazioni e un mondo dove gli uomini non debbano piegarsi a logiche di profitto simili a quelle che portano a conseguenze come, di recente, l’eccidio dell’ambasciatore Attanasio».

Il Covid ha determinato riaperture e nuove chiusure delle scuole. Pensa che si debba essere preoccupati per il futuro delle giovani generazioni?

«Abbiamo chiuso il Paese e le scuole ai ragazzi mentre sono rimaste aperte le fabbriche di armi. Capisco che bisogna lavorare, ma non deve passare l’idea che nell’emergenza generale l’unica chiusura più dolorosa sia stata messa in pratica qui in Italia proprio a scapito delle scuole. E, a quanto pare, ci stiamo ricascando. Non so se le nuove varianti ag­grediscano con più forza i giovani e se questa fosse la realtà, allora ci faremo i con­ti, ma se dobbiamo guardare indietro, si è esagerato oltremodo senza tenere conto delle conseguenze. Anche le famiglie dei nostri nonni e dei nostri genitori, con le guerre del ‘900, avevano sperimentato la separazione dai loro coetanei con tante paure annesse. Non ci si deve meravigliare delle “esplosioni” quando i cordoni si allargano e ci sono le riaperture e, quindi, gli assembramenti».

Abbiamo visto la foto della suora inginocchiata davanti alla polizia violenta in Myanmar: che cosa sta succedendo nel mondo?

«Nel mondo accadono sempre cose che non vorremmo ve­dere e le ingiustizie si perpetuano. Ecco perché è così importante avere un’informazione che faccia crescere la consapevolezza. Ciò che è accaduto in Myanmar è conseguenza di un processo di democratizzazione che i detentori del potere da decenni non vogliono favorire ed è indice di cosa può accadere in tempi di limitazione delle libertà. Alle eccezioni si reagisce con altre regole ferree. Quell’immagine della suora in Myanmar rappresenta una nuova Piazza Tienanmen, è come la foto di ciò che accadde nella Cina non ancora dedita alla modernizzazione, ambigua eppure effettiva, e ci ripropone la forza liberticida delle dittature e la resistenza delle idee e della fede».

Tornando in Italia, pensa che il vaccino sarà disponibile e che consentirà una ripartenza? Con che tempi?

«Abbiano capito che per quanto riguarda il vaccino è difficile essere buoni profeti sui tempi e sulle risposte adeguate da dare alla pandemia. Però abbiamo anche capito che siamo in grado di recuperare con forza e di decidere per il meglio. Lo abbiamo visto all’inizio di tutta questa storia, quando i dispositivi di protezione non si trovavano, non c’erano ancora le mascherine e allora si è dato uno scossone al sistema produttivo, riportando in Italia la produzione e tutto ciò che serviva. Credo lo stesso debba accadere per i vaccini, soprattutto dopo che abbiamo assistito alla mirabolante produzione da parte di tante case farmaceutiche, in tempi così rapidi come mai nella storia era accaduto. Dovrebbe accadere ancora, con il giusto pagamento dei brevetti ma in modo che si provveda a una produzione massiccia in Italia, in Europa e nel mondo. Non esiste un solo paese per la nostra salute, come dice il Papa, ma c’è da dare la priorità al benessere generale se il mondo vuole ritrovare sicurezza e tornare alla vita, non come la conoscevamo prima, ma meglio di prima. Ripartendo tutti da una situazione di parità».