IL FATTO
mentre la pandemia sta cambiando volto alle città, le persone cercano spazi verdi: si aprono nuove prospettive di vita per i piccoli centri?
Difficile dare il merito di qualcosa al coronavirus, inteso come tutto l’insieme di conseguenze portate da ciò che chiamiamo pandemia.
Eppure, qualche nuova sensibilità sembra farsi strada. Come, ad esempio, la maggiore attenzione che da un po’ si sta accendendo sui borghi storici, ovvero i piccoli centri che per anni e anni hanno sofferto di un’emigrazione inarrestabile, una diaspora dolorosa perché mai avvenuta prima e apparentemente inarrestabile.
Un tempo questi centri erano cuori pulsanti di energia umana, fitte reti di relazioni ataviche, luoghi di cultura e storia.
Sempre immersi nella bellezza di una natura che, a un certo punto, sembrava passata di moda in favore delle metropoli commerciali.
Ma ora le prospettive sembrano mutate. «Il futuro sarà nei borghi storici», ha detto in pieno “lockdown” l’architetto milanese Stefano Boeri.
Una previsione suggerita da un’insostenibile realtà che ha messo in luce la scomodità degli spazi casalinghi cittadini, i muri insormontabili, l’assenza di verde e di luce, la poca aria. «Se capisco che posso vivere e lavorare per quattro o cinque giorni in un piccolo e bellissimo paese, poi due o tre giorni nella grande città per visitare una mostra o incontrare i dirigenti della mia azienda, magari allora ci penso davvero a cambiare». E si tratta di considerazioni che ogni giorno diventano più verosimili. «Questa tendenza è già in corso», ha aggiunto Boeri. «Anche il mercato immobiliare sta registrando un forte interesse verso la valorizzazione dei borghi storici e rurali».
Il rischio però c’è: «Quella dispersione che ha trasfigurato l’Italia a partire soprattutto dagli anni ’70 e fino ai ’90 potrebbe riproporsi con un nuovo consumo di suolo naturale e agricolo, con un ritorno di “villettopoli” e capannoni. E allora bisogna orientare questa forza centrifuga verso lo straordinario patrimonio di borghi che abbiamo a disposizione nel nostro Paese».
Non si tratta di dichiarare morte alle città. Anzi, il contrario. Perché Boeri ha un’idea precisa: «Immagino città che diventano arcipelaghi di borghi e, al tempo stesso, borghi storici che tornano a essere piccole città».
E c’è anche un altro aspetto, quello turistico. L’emergenza ambientale, la comunicazione online e la trasformazione del lavoro digitale spingono in questa direzione. Per un nuovo turismo sostenibile, apprezzato soprattutto dai giovani, attenti ai mezzi di trasporto a basso impatto ambientale, alle scelte culinarie con prodotti a chilometri zero. Con il verde in primo piano: «Non si sono mai visti tanti balconi pieni di fiori: sono spazi vitali», ha osservato l’ideatore del “Bosco verticale”.