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Traffico illecito di rifiuti metallici e autoriciclaggio: 15 arresti e sequestri per oltre 130 milioni di euro

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Nella mattinata odierna, militari della Guardia di Finanza di Torino, in stretta collaborazione
con il Comando Provinciale Napoli, stanno dando esecuzione, nell’ambito dell’operazione
“FERRAMIÙ”, ad un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal Giudice per le indagini
preliminari del locale Tribunale nei confronti di 15 persone (10 in carcere e 5 ai
domiciliari), appartenenti ad una associazione per delinquere di matrice internazionale
finalizzata al traffico illecito di rifiuti metallici, all’autoriciclaggio di proventi illeciti e
all’emissione ed utilizzo di documenti attestanti operazioni inesistenti.

In corso di svolgimento, altresì, perquisizioni nei confronti di decine di soggetti e società,
nonché il sequestro preventivo disposto su beni per oltre 130 milioni di euro, tra cui
disponibilità finanziarie, immobili, veicoli e quote societarie riconducibili agli indagati.

Le indagini, dirette dalla Procura della Repubblica di Torino – Direzione Distrettuale
Antimafia – P.M. Dott. Valerio Longi – e condotte dai finanzieri del Nucleo di polizia
economico-finanziaria Torino, hanno consentito di individuare un sodalizio criminoso, a
carattere transnazionale, che reperiva sul territorio nazionale rifiuti metallici acquistati “in
nero”, predisponendo poi la “copertura” documentale e contabile volta a farli apparire
come rottami lecitamente acquistati da imprese aventi sede all’estero, che ne attestavano
falsamente la regolarità secondo i requisiti richiesti dalla normativa dell’Unione europea.
Successivamente, tali rifiuti venivano consegnati a fonderie o altre società commerciali del
settore per essere reimmessi nel circuito produttivo.

In armonia con la legislazione unionale, infatti, affinché i rottami metallici non siano
qualificabili come “rifiuto”, il produttore deve redigere e trasmettere ad ogni cessione una
“dichiarazione di conformità”, al fine di consentire, in ogni momento, l’individuazione
dell’origine del rottame e, dunque, la tracciabilità dello stesso.

Laddove ci si trovi, come nel caso di specie, di fronte ad una cessione “in nero”, la
provenienza dei rottami resta ignota, gli stessi non sono tracciabili e, dunque, devono –
sempre e comunque – essere considerati “rifiuti” a causa del mancato rispetto delle
richiamate disposizioni e, quindi, non sono commercializzabili come rottami metallici.

Per ovviare a ciò, gli indagati provvedevano a predisporre fittizie “dichiarazioni di
conformità” aggirando, così, le disposizioni di legge e celando la reale origine del
materiale. Inoltre, per poter giustificare contabilmente i pagamenti destinati, di fatto,
all’acquisto dei rifiuti “in nero”, si adoperavano per ottenere false fatturazioni emesse da
compiacenti società all’estero.

Le investigazioni, avviate nel 2018, hanno preso spunto dall’approfondimento di una
segnalazione di operazione sospetta riguardante anomale movimentazioni finanziarie
intercorse tra un’impresa avente sede nella Repubblica slovacca ed un’azienda operante
nel torinese, con sede secondaria in Campania, per attività di commercio di materiale
ferroso.

Secondo le prospettazioni accusatorie, accolte dal G.I.P., l’organizzazione criminale si è
rivelata particolarmente complessa e articolata in quanto caratterizzata da una
molteplicità di uffici, persone coinvolte, ruoli, mezzi utilizzati, imprese di trasporto, società
italiane e straniere e sarebbe stata così appositamente modulata per consentire,
attraverso la formazione, la redazione e l’utilizzo di documentazione totalmente falsa,
l’illecito traffico di ingentissimi quantitativi di prodotto. Complessivamente, alla luce di
quanto ricostruito nel corso delle indagini, dal 2018 sarebbero state movimentate circa
18.000 tonnellate di rifiuti metallici.

I finanzieri hanno tracciato l’attività commerciale e finanziaria formalmente posta in essere
dalle entità estere – avvalendosi, grazie all’attivazione del Comando Generale – II Reparto,
della cooperazione internazionale fornita da 7 Paesi (Repubblica slovacca, Ungheria,
Turchia, Egitto, Pakistan, Cina e Malaysia) – riscontrandone la fittizietà, in quanto tali
società sono risultate prive di una sede operativa e di beni immobili.

Sul piano giudiziario, è stata attivata l’Agenzia dell’Unione europea Eurojust per il
coordinamento delle indagini oltre confine e l’esecuzione delle attività di custodia
cautelare e perquisizione in Repubblica slovacca e Ungheria.

Le odierne operazioni vedono complessivamente coinvolti circa un centinaio di militari
appartenenti ad oltre 30 Reparti del Corpo nei territori delle regioni Piemonte (province
di Torino, Alessandria e Verbania), Lombardia (province di Bergamo, Brescia, Como,
Lecco, Milano, Monza-Brianza e Pavia), Emilia-Romagna (Ferrara e Forlì-Cesena),
Toscana (provincia di Prato), Lazio (provincia di Roma), Molise (provincia di Isernia) e
Campania (province di Napoli, Caserta e Salerno).

L’operazione “FERRAMIU’’” conferma, tangibilmente, l’azione che la Guardia di Finanza
svolge quotidianamente attraverso il monitoraggio dei flussi finanziari, che costituisce il
metodo più efficace per individuare i capitali di origine illecita, prevenendo e contrastando
le organizzazioni criminali che commettono gravissimi reati anche nel settore ambientale e
realizzano forme di autoriciclaggio che “inquinano” il tessuto economico-produttivo,
alterano la concorrenza del mercato e, non da ultimo, danneggiano gli imprenditori
onesti e rispettosi delle regole.

c.s.