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Il gioco della vita, oltre la malattia

Una famiglia “ambasciatrice” della Collina degli Elfi racconta la propria esperienza

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Accogliente, dolce, sorprendente: in questi tre aggettivi c’è l’essenza della Collina degli Elfi di Govone, tratteggiata da GianGiacomo. Insieme alla moglie Lara e ai figli Maya e Giulio, costituiscono una delle otto famiglie nominate “ambasciatrici” dell’associazione di volontariato di Govone dedicata al recupero psico-fisico dei bambini malati di cancro, per offrire un sostegno esteso anche alle famiglie che hanno vissuto la sofferenza della malattia oncologica pediatrica, in un percorso di graduale ritorno alla normalità, alla vita di tutti i giorni, trovando nuovi equilibri.
«Quello degli ambasciatori è un ruolo prezioso, previsto oggi anche dal nostro statuto, perché il valore della testimonianza è altissimo e rappresenta per noi uno dei canali fondamentali tramite i quali trasmettere la nostra essenza», afferma Lui­sella Canale, presidente de La Collina degli Elfi Odv. «Il nostro desiderio è quello di raggiungere sempre più persone, perché siano consapevoli di ciò che offriamo qui nel Roero».
Ecco il racconto di GianGia­como: «Inaspettata, come sempre succede, nel 2018 è arrivata una diagnosi di leucemia per Giulio, che all’epoca aveva tre anni e mezzo. Un anno dopo, nella sala di aspetto del reparto di oncologia pediatrica dell’ospedale Meyer di Firenze, mia moglie ha trovato un dépliant della Collina degli Elfi: quello è stato il nostro primo contatto. Poco tempo dopo, sempre al Meyer, abbiamo co­nosciuto una famiglia che era stata ospite della Collina un anno prima, che ce ne ha parlato in termini entusiastici. Non nascondo che la mia prima reazione è stata di estrema diffidenza: Giulio deve ancora fare le chemio, ho paura persino della mia ombra quando attraverso la strada, figurarsi nel vivere un’esperienza del genere in un momento di vacanza, con altre persone che condividano la malattia di un figlio. È mia moglie Lara che ha insistito. Nel tempo ci abbiamo ri­flettuto, abbiamo cercato in­formazioni sulla Collina degli Elfi attraverso il web, i social, YouTube. Ne abbiamo parlato anche con i bimbi e abbiamo deciso di provare a vivere quest’esperienza, venendo a Govone nell’agosto del 2019, avendo la fortuna di potervi tornare l’estate successiva».
«È stata davvero una sorpresa. Abbiamo scoperto la bellezza della Collina degli Elfi: un luogo meraviglioso dal punto di vista paesaggistico, ma ancor più per le esperienze che offre e per la qualità delle relazioni che qui si possono intrecciare. Tra attività e laboratori, tutto è ben organizzato: si viene coccolati, senza dover pensare a come impiegare il tempo e organizzare le giornate ai figli, potendo condividere dei momenti con altre famiglie che stavano vivendo la stessa nostra situazione. E con le quali poter parlare della malattia dei figli, certo, ma anche pensare ad altro. Ho adorato le lezioni di scherma e le passeggiate tra vigneti e noccioleti, un po’ meno la serata di tango, in cui ho tirato più di un paio di calci a mia moglie… ma è stato comunque divertente. Giorno dopo giorno le tensioni si sciolgono, scopri che i tuoi figli possono ancora ridere, e anche se certe preoccupazioni rimangono, molte paure vengono ridimensionate. La settimana in Collina passa davvero velocemente e i volontari che incontri rimangono scolpiti nel cuore”.
«Al momento di lasciare la Collina si fa fatica, al pensiero di tornare alla vita quotidiana… è un po’ come la copertina di Linus. Ma il bello della Collina è che rimane lì, e sai che sarai sempre il benvenuto. E quando torni a casa ci sono le foto e i ricordi, oltre alle relazioni costruite con altre persone, con le quali condividi un pezzettino di cammino. Ora viviamo tutti delle esistenze un po’ sospese, a causa del Covid, e le occasioni per muoversi sono limitate. Ma quando possiamo parliamo volentieri della Collina degli Elfi alle persone che incontriamo, in ospedale come nelle associazioni, sui social come nella vita di tutti i giorni, attraverso i regali di Natale e, in generale, ogni volta che possiamo. Perché la Collina ci ha dato tanto, in un momento particolare delle nostre vite. La malattia di Giulio ha cambiato il nostro modo di vedere il mondo e l’essere stati accolti in un momento così difficile per noi ha voluto dire molto», conclude GianGiacomo.