Di fronte alla pandemia che stiamo fronteggiando ormai da un anno non è raro sentire dire, forse a scopo consolatorio, che “siamo tutti sulla stessa barca”. Ma non è proprio così. È vero, semmai, che siamo tutti nella stessa tempesta. Una tempesta che, però, ognuno affronta con i mezzi che ha a disposizione. Il modo in cui ciascuno tiene testa al Covid dipende da diversi fattori, dall’età alla condizione di salute, senza dimenticare il tipo di comunità in cui si vive.
Chi fa parte di uno dei piccoli comuni che caratterizzano la Granda, per esempio, avrà a disposizione armi almeno in parte diverse da coloro i quali vivono in grandi città.
Lo dimostra la chiacchierata con Corrado Benotto, dal 2019 sindaco di Neviglie, piccolo comune delle Langhe, che esordisce precisando: «Sin da subito si è attivata una perfetta sinergia tra Amministrazione Comunale e Protezione Civile e a ruota tutte le altre associazioni che hanno permesso di rispondere, per come possibile all’emergenza che stiamo vivendo».
Sindaco, sinora per lei quale è stato il momento più difficile dell’emergenza sanitaria?
«Per me è stato l’inizio, quando la Regione Piemonte ha emanato le prime restrizioni. Se non si sa a cosa si sta andando incontro e non si hanno informazioni per ipotizzare il futuro prossimo, è facile farsi prendere dal panico. In quel frangente erano irreperibili mascherine, guanti, disinfettanti. Il nostro Comune è stato tra i primi a reperire dispositivi individuali che, sempre grazie alla Protezione Civile, abbiamo prontamente distribuito alla cittadinanza».
Come vi siete organizzati?
«Neviglie è un paese piccolino, con una popolazione dall’età media piuttosto alta. Avevamo già creato il classico gruppo WhatsApp per motivi di sicurezza e si è rivelato utilissimo per condividere qualsiasi tipo di informazione relativo al Covid. Il nostro paese ha anche la peculiarità di disporre di un territorio molto vasto, con una densità di popolazione molto bassa».
Quindi da voi il distanziamento sociale è quasi naturale…
«Sì, perché tolto il concentrico, abbiamo molte borgate, con tante case sparse distribuite su un territorio vasto. Di contro, però, questa condizione rende più difficile tenere i contatti con tutti. Grazie alla Protezione Civile siamo riusciti ad avere un collegamento stretto con la popolazione per non fare mancare nulla, la Croce Rossa, poi, ha permesso la distribuzione di generi alimentari alle persone disagiate presenti sul nostro territorio».
Cosa significa vivere questi momenti da Sindaco?
«Se hai una carica pubblica in un momento del genere ti senti il dovere di dare un incoraggiamento, fornire delle risposte ed essere un punto di riferimento anche per questioni che non ti competono direttamente. Nell’ultimo anno il ruolo del Sindaco è diventato anche un po’ quello dello psicologo».
D’altronde il suo numero di cellulare è sul sito del Comune: non è difficile contattarla…
«Mi pare giusto: ho scelto di ricoprire questo incarico e cerco di farlo al meglio, dando tutte le risposte di cui sono capace, consapevole di non essere in grado di risolvere ogni tipo di problema».
Crede che una volta superata l’emergenza, il Covid ci lascerà qualche buon insegnamento?
«Questa pandemia ha aiutato a riflettere sui veri valori e le cose davvero importanti, come l’unità della famiglia, per esempio. Inoltre ho constatato una riscoperta di luoghi più appartati come i nostri, lontani dagli assembramenti. Lavoro a Torino (nella Guardia di Finanza, ndr), vivo entrambe le realtà, quella della città e della campagna e ho la percezione diretta di questa tendenza».