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L’ex ragazza ribelle

al festival di sanremo la giornalista Barbara Palombelli ha presentato un monologo che voleva essere una dedica alle donne, una testimonianza privata destinata a diventare messaggio per le ragazze di oggi, e invece ha finito per sollevare un’onda di critiche

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Eccessi e strepiti non scandalizzano più, le polemiche sono routine: la tv s’adegua alla società e alza i toni, figurarsi poi a Sanremo che da un pezzo oltrepassa canzoni e fiori, cattura audience con liti e beghe assortite. Stupisce, semmai, che nell’occhio del ciclone non finisca stavolta una star isterica o un aspirante vip improvvido, un presentatore così astuto da costruire il clamore o talmente ingenuo da inciamparci: a dividere è una conduttrice solitamente pacata e, da anni, padrona del mezzo, una giornalista abituata alla telecamere, ai temi spinosi affrontati con garbo e alle domande scomode fatte senza aggredire. Barbara Palombelli ha presentato un monologo che voleva essere una dedica alle donne, una testimonianza privata e generazionale destinata a diventare messaggio per le ragazze di oggi, e invece ha finito per sollevare un’onda di critiche. Un po’ perché ormai va così, nel tribunale social ognuno dice d’istinto la sua e così t’imbatti in chi assegna a lei l’eredità pesante degli anni Settanta, chi, senza sapere cos’è un monologo, ha da ridire sui troppi temi a fuoco, chi giudica posticcio il collage tra schegge di vita e canzoni. Pazienza se il Festival è filo conduttore, se la ragazza ribelle che cercava l’emancipazione era la stessa che papà immaginava come Gigliola Cinquetti (un filo di perle, un matrimonio e una vita tranquilla), pazienza se l’invito a difendere i diritti costruiti in piazza è accorato e attuale, pazienza se racconta una verità malinconica che trasforma in dovere l’impegno a lottare: «Ragazze, la chiave del futuro è in queste parole: ribellatevi sempre. Tanto non andremo mai bene, ci criticheranno sempre, ci umilieranno, ci metteranno le mani addosso, non saremo mai perfette, non andremo mai bene ai mariti, padri, fratelli».
A fare più rumore di tutto, però, è il riferimento a Luigi Tenco che, secondo la famiglia del cantautore, suicida a Sanremo nel ’67 (versione confermata dalle indagini, benché la morte sia stata avvolta a lungo dal mistero), diffonde “notizie false” e “banalizza un fatto grave” davanti a milioni di spettatori. «Pensate che Luigi Tenco proprio qui giocando con una pistola ha trovato la morte». Lei si difende, spiega di aver consultato gli archivi Rai e di aver citato un’intervista a Gino Paoli. Il quale, in un frammento, premettendo che nulla può essere ormai accertato, ricorda che «Luigi non era un depresso che avesse idee suicide. Eravamo tutti casinisti, ci divertivamo a fare scherzi come tutti i ragazzi di quella età».
La cosa bizzarra è che della Palombelli, donna di vita intensa e impegno professionale, volto notissimo della tv, poco sapevamo fino alla querelle e poco sappiamo ancora: come spesso accade, giudichiamo e appoppiamo etichette senza approfondire. Al massimo la conosciamo come moglie di Francesco Rutelli, noi aggiungiamo che l’ha sposato due volte (prima con rito civile, solo più tardi in chiesa quando si sono sentiti davvero pronti per un legame davanti a Dio) e che, confidenza dell’ex sindaco e sintesi d’un carattere deciso, fu lei a rompere il ghiaccio e baciarlo. La coppia ha quattro figli, uno naturale e tre adottivi, e un nipotino. In ordine sparso, Barbara ha 67 anni, ha studiato lettere, tifa per la Roma, a casa non parla mai di politica, ha scoperto la fede guardando i missionari in Ecuador quando andò per adottare i figli, adora i profumi, ha scoperto lo sport dopo i quaranta, ha iniziato in radio e nella carta stampata e l’Europeo è stato il sul primo giornale. Ah, è così superstiziosa da svelare d’essersi fatta togliere il malocchio: soltanto dopo, sostiene, la carriera ha preso il volo.