Numerosissimi sportivi, di ogni livello, sono venuti in contatto con il virus Sars-Cov2, responsabile del Covid. La ripresa dell’attività dopo un tampone positivo comporta la necessità di eseguire accertamenti che escludano la presenza di esiti della malattia non altrimenti diagnosticati.
Possono configurarsi situazioni molto diverse tra loro, a seconda che lo sportivo pratichi attività a livello agonistico o meno, ma tutte sono accomunate dall’esigenza di tutelare la salute dello sportivo.
Immaginiamo la situazione in cui un calciatore professionista sia stato fermato perché il tampone molecolare a cui la sua squadra lo sottopone ogni settimana è risultato positivo. Il giocatore sta bene, non ha nessun sintomo, i parametri dei test di valutazione funzionale che esegue periodicamente sono buoni e così anche gli esami del sangue. Viene posto in isolamento, visitato e fino a quando l’esito del tampone non sarà negativo per due volte consecutive non potrà riprendere ad allenarsi e giocare con i compagni. Prima, però, dovrà sottoporsi ad una nuova visita di idoneità che comporterà l’esecuzione di numerosi esami diagnostici ed esami del sangue che dovranno escludere eventuali danni persistenti a carico dell’organismo che potrebbero essere stati provocati dal virus.
Ma cosa succede se il soggetto che contrae il virus è uno “sportivo della domenica”? Se, per intenderci, è una persona che fa la visita sportiva ogni anno per poter accedere alla piscina o al circolo di calcetto ma, aldilà delle due ore settimanali di attività, è sedentario e vive e lavora davanti al computer 8-10 ore al giorno?
In questa categoria rientrano sportivi di tutte le età, senza dimenticare che i meno giovani potrebbero essere portatori di patologie croniche quale l’ipertensione arteriosa, sovrappesi di grado severo, malattie metaboliche, articolari o altro…
Che rischi realmente si corrono alla ripresa e qual è il ruolo della visita di idoneità sportiva agonistica?
Numerosi studi pubblicati su prestigiose riviste cardiologiche hanno evidenziato la possibilità che il virus Sars-Cov2 possa causare un danno, oltre che polmonare, anche cardiaco provocando un’infiammazione delle cellule del miocardio (la cosiddetta miocardite) e/o del suo rivestimento (pericardio). Le miocarditi, spesso asintomatiche in sé, possono essere causa di aritmie gravi e scompenso cardiaco nel corso di esercizio intenso se non correttamente diagnosticate.
La Federazione Medico Sportiva Italiana ha pertanto tempestivamente predisposto un nuovo protocollo di visita per sportivi che sono stati positivi, o che non hanno effettuato tampone o esame sierologico ma hanno manifestato sintomatologia tipica successivamente a un contatto stretto con un soggetto positivo.
Per questi sportivi, a cui viene richiesto un periodo di riposo di trenta giorni a partire dal tampone negativo o dalla cessazione dei sintomi di malattia, viene considerata interrotta la validità dell’idoneità annuale e predisposta la nuova visita. Sarà necessario informare in maniera completa lo specialista sull’intensità dei sintomi, la loro durata, sui farmaci che sono stati assunti, se vi sia stato o meno un coinvolgimento polmonare e se vi sia stato un ricovero ospedaliero.
Sulla base di questi dati verranno prescritti alcuni esami di secondo livello, quali ecocardiografia e elettrocardiogramma holter, insieme ad esami ematochimici che escludano un danno delle cellule del cuore, ed effettuati test più approfonditi in corso di visita (certamente un elettrocardiogramma sotto sforzo massimale con il controllo continuo della saturazione del sangue e una spirometria completa). Presa visione di questi esami, lo specialista potrà valutare se prescrivere allo sportivo altri accertamenti più specifici quali la risonanza magnetica cardiaca o test cardiopolmonari.
Nei casi esaminati in ambito italiano non vi è attualmente una significativa prevalenza di complicanze cardiologiche, ma i dati in letteratura non consentono di abbassare la guardia e non sono ancora abbastanza numerosi da permettere di “stratificare”, ossia decidere di escludere di effettuare i suddetti esami nei soggetti asintomatici in quanto a rischio molto basso.
Valga una raccomandazione: dopo aver effettuato tutto l’iter diagnostico ed aver avuto la firma apposta sul certificato di idoneità rimane fondamentale la gradualità della ripresa degli allenamenti. È molto frequente che si manifestino spossatezza, affaticabilità muscolare e risposta tachicardica allo sforzo, tutti segni che devono regredire nelle prime settimane di ripresa dell’attività fisica. Se così non fosse, ci si potrà rivolgere allo Specialista in Medicina dello Sport che si farà carico di escludere eventuali esiti dell’infezione virale.
Articolo a cuda di Marcello Valenti, medico sportivo équipe Bios
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