Quanto è difficile e impegnativo, in epoca di pandemia, gestire una società di calcio impegnata in Serie D e nei campionati giovanili? Lo abbiamo chiesto a Giacomo Germanetti, imprenditore classe 1966, presidente dell’AC Bra dall’estate del 2007 e contitolare dell’azienda Bragas insieme al fratello Natale.
Germanetti, in che modo state portando avanti la stagione agonistica?
«In maniera molto complicata, ormai da agosto, quando siamo partiti con la preparazione e il ritiro a Chiusa di Pesio. Il campionato di Serie D è iniziato a fine settembre; nel giro di un mese il quadro generale della pandemia è peggiorato e a novembre siamo passati in “zona rossa”».
Cosa ha significato?
«Ci siamo resi conto, fin da subito, che non sarebbe stata un’annata come le altre. Protocolli molto rigidi, regole da rispettare, con molta serietà. Un campionato nel campionato, da affrontare di pari passo con quello sportivo. L’avversario più difficile da affrontare? Senza dubbio il Covid-19».
Come avete affrontato questo avversario?
«Il Bra Calcio ha la fortuna di annoverare un responsabile sanitario molto preparato: Francesco Ghibaudo. Lui è anche il delegato attuazione protocollo anti Covid ed è stato preziosissimo: si è speso molto anche per il nostro settore giovanile e per favorire la ripresa in sicurezza, fino a quando è stato possibile far allenare i ragazzi. Validissimo collaboratore è risultato pure il fisioterapista della prima squadra Davide Ghibaudo. In generale, ringrazio lo staff tecnico della prima squadra e mister Fabrizio Daidola per quanto stanno facendo, il capitano Alessandro Rossi e tutti i giocatori, Pietro Sartori e tutta la dirigenza. Il grazie è più che doveroso».
A novembre, la prima squadra, impegnata in Serie D, ha vissuto un momento delicato.
«Sì. Per fortuna ha coinciso con la pausa del campionato. All’interno del gruppo sono emerse diverse positività al coronavirus. Un problema non da poco. I positivi sono stati isolati e abbiamo dovuto riorganizzare gli alloggi destinati ai calciatori. Ne siamo poi usciti dopo il decorso necessario e tutti i giocatori sono tornati a disposizione. È una situazione che, comunque, quasi tutte le squadre del nostro girone hanno affrontato. Desidero ringraziare tutti coloro i quali si sono spesi e battuti per superare, con forza, questo momento».
Prima di Natale, presidente, anche lei ha dovuto fare i conti con il coronavirus.
«Come dicevo prima, il coronavirus, purtroppo, ha colpito, oltre ai nostri calciatori, anche le altre squadre e il mondo sportivo e agonistico in genere. Non solo. Come è risaputo, ha colpito tante famiglie, con strascichi molto pesanti e lutti gravi. Per quanto riguarda il mio caso, ho contratto il virus da sintomatico e sono rimasto 21 giorni a casa. Ho affrontato questa situazione con la mia famiglia, mi sono isolato e mi sono curato seguendo le direttive del medico. L’ho superato, ma non è stata una passeggiata, anzi. Il virus è molto aggressivo e subdolo, va combattuto con grande determinazione».
Tornando alle vicende “del campo”, quali conseguenze ha determinato la pandemia nel contesto del settore giovanile?
«Il Covid e le relative restrizioni costituiscono un problema enorme per i nostri ragazzi. Nei mesi estivi eravamo riusciti a riorganizzare le ripartenze delle varie annate e gli allenamenti, chiaramente rispettando tutti i protocolli di sicurezza del caso. Poi, il brusco stop conseguente alla seconda ondata; a ciò è seguita, nel periodo natalizio, un’altra ripartenza. Adesso, l’ennesima sospensione imposta prima dalla “zona arancione” e poi da quella “rossa”. Insomma, si sono svolte le attività a intermittenza; del resto, non si poteva fare diversamente. Occorre, in questi frangenti più che mai, mettere in campo un grande senso di responsabilità. Il cruccio maggiore è per i ragazzi: la pandemia rappresenta un grave limite alla loro passione, oltre che alla nostra».
Che scenari immagina per il prossimo futuro?
«Nell’ambito dello sport dilettantistico e giovanile, ci sono difficoltà quando le condizioni sono “normali”; figurarsi nel bel mezzo di una pandemia senza precedenti. Realtà come la nostra vivono di sponsor e di volontariato. Sul fronte dei sostegni pubblici, purtroppo, abbiamo finora visto ben poco, ma comprendiamo le necessità legate al difficile momento. Ci manca il contatto con il pubblico sugli spalti, con le famiglie. Le partite a porte chiuse sono davvero qualcosa di irreale ma la situazione impone questo. Stiamo andando avanti con grande forza ed entusiasmo e faremo di tutto per arrivare il più in alto possibile!».