«Spesso il lavoro di noi scienziati è stato percepito come molto distante dalla quotidianità, siamo quelli che si occupano di attività iper-tecniche», commenta Chiara Ambrogio. «In parte è anche colpa nostra, che non siamo in grado di comunicare a dovere l’importanza del nostro tempo trascorso in laboratorio. L’esperienza di quest’ultimo anno con il Covid-19 ha dimostrato che in realtà siamo molto più vicini alla società di quanto uno creda. Sebbene io non mi occupi d’infettivologia o vaccini, la ricerca è il mio mestiere. Quello di cui si sente parlare da più di 365 giorni nei telegiornali e nelle trasmissioni di approfondimento, è ciò di cui si occupa la mia categoria professionale. Mi auguro che dopo quest’esperienza drammatica, ci sia più partecipazione a tutti i livelli. Più informazione. Più inviti rivolti alla categoria dei biotecnologi a parlare e comunicare. Un’ottima iniziativa locale, a cui ho partecipato quest’anno, è il progetto “BravinRicerca” promosso dalla Fondazione Crc per incoraggiare l’avvicinamento di giovani talenti degli istituti secondari di secondo grado al mondo della ricerca scientifica di base».