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«La politica metta la sanità al centro»

Sebastiano Cavalli, chirurgo e consigliere comunale ad Alba, è segretario regionale del sindacato medico Cimo: «Gli effetti dei vaccini iniziano a vedersi»

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Chirurgo con la passione per l’impegno civico. È così che, in estrema sintesi, può essere descritto Se­bastiano Cavalli, da una vita impegnato in sala operatoria, con all’attivo oltre 4mila interventi chirurgici, e in campo amministrativo, come componente del Consiglio Comunale di Alba (di cui è stato presidente) ma anche come guida del Con­sorzio Socio Assi­sten­ziale Al­ba, Langhe, Roero, che ha presieduto dal 2005 al 2009. Lo abbiamo intervistato, anche alla luce del suo attuale incarico di segretario regionale del sindacato dei medici Cimo.

Dottor Cavalli, la pandemia non concede tregue. Cosa non sta funzionando?
«C’è stato, alla base di tutto, un problema di comunicazione. I vaccini sono l’unica arma per uscire dall’emergenza, ma quest’estate, quando i casi erano calati, qualcuno ha voluto far credere che il peggio fosse ormai alle spalle. Niente di più sbagliato: si è trattato, indirettamente, di un modo per rinviare la risoluzione del problema. Capisco che sia molto complicato gestire una pandemia, ma alcuni errori, purtroppo, si pagano a caro prezzo».

A proposito, quando potremo mettere la parola “fine”?
«Quando i vaccini saranno stati inoculati alla maggioranza della popolazione. I primi effetti del­la campagna vaccinale si vedono: se il numero di ricoveri per Covid è purtroppo in aumento, non lo è quello dei pazienti “over 80”. Segno che più si vaccinano persone e più lo si fa in tempi rapidi e più potremo sperare di uscire relativamente in fretta dalla pandemia».

Dalle sue parole emerge comunque ottimismo…
«La mia fiducia deriva dal fatto che, come dicevo prima, con il completamento della campagna vaccinale potremo tornare a una vita perlopiù normale, fatto salvo per alcune precauzioni che dovremo co­munque continuare a mettere in atto».

Per anni, dai banchi del Con­siglio Comunale di Alba, si è battuto per il potenziamento della sanità albese e braidese. Come legge l’entrata in funzione del nuovo ospedale di Verduno?
«L’Ospedale Michele e Pietro Ferrero concentra in un’unica grande e moderna struttura tutte le risposte alle necessità sanitarie del territorio. Nel­l’ambito della pandemia, il nuo­vo presidio ospedaliero ci ha permesso di contrastare l’emergenza con tempestività. Il rovescio della medaglia è che, proprio a causa del virus e degli annessi rischi di contagio, è sta­to necessario, a Verduno ma an­che altrove, sospendere o, co­munque, rallentare numerose attività sanitarie non connesse al Covid».

Come si risolve il problema?

«Progettando o riorganizzando gli spazi ospedalieri in modo tale che essi possano funzionare in maniera modulare e flessibile, ossia garantire l’assistenza e le cure ai pazienti Covid in assoluta sicurezza, senza che vengano compromessi e, nemmeno, so­spe­si gli altri servizi».

E nell’immediato?
«Come ho avuto modo di dire alla Regione, in questa nuova fase di recrudescenza del virus, si potrebbe valutare l’opportunità di convertire di nuovo alcuni ospedali della Granda in strutture esclusivamente destinate alla cura dei pazienti Co­vid. Nel resto dei presidi ospedalieri, potranno così essere assicurati tutti gli altri servizi necessari. In ogni caso, sarà fondamentale potenziare la medicina territoriale in modo da ridurre, laddove possibile, i ri­co­veri in ospedale».

Quali sono le altre carenze della sanità piemontese?
«Il numero di medici e operatori sanitari. Abbiamo portato al­l’at­tenzione dell’Assessorato Re­­gionale alla Sanità il fatto che il numero di borse di studio per specializzandi, stabilito in base a una lacunosa programmazione ministeriale, fosse insufficiente. L’ente regionale si è det­to disponibile a intervenire. Il nostro comparto, durante la pan­­demia, ha sofferto molto. Pa­­­ghiamo il fatto che nessuna agenda politica ha mai messo al cen­tro la sanità».

Chiudiamo con i suoi obiettivi. Qual è il prossimo traguardo che intende raggiungere?
«Prima che scoppiasse la pandemia, stavo lavorando a un progetto a cui sono molto legato: l’attivazione, presso l’Ospedale Michele e Pietro Ferrero di Ver­duno, del reparto “Day and week surgery”, destinato ad ac­cogliere per brevi ricoveri (da uno a cinque giorni), pazienti che hanno subìto interventi chi­­­rurgici lievi. È un’iniziativa che per­metterà da un lato di snellire le liste d’attesa e dall’altro di ottimizzare la gestione delle ri­sorse interne. Spero che si possa concretizzare il tutto entro l’autunno. Sa­rebbe il tassello giusto per concludere la ca­rriera».