Home Articoli Rivista Idea «Obbligo vaccino e allora ditelo!»

«Obbligo vaccino e allora ditelo!»

Cruciani: «Il certificato per viaggiare non ha senso. Il virus si cura a domicilio»

0
423

Chissà che la realtà non abbia superato perfino la sua fantasia. Di fronte ai guasti provocati dal virus, le provocazioni di Giuseppe Cruciani sembrano, infatti, quasi ridimensionarsi. Lui nel frattempo cerca nuovi territori, ad esempio quello del sesso, nel quale si è da poco avventurato con “Nudi” (edito dalla Nave di Teseo), libro che è in sostanza un’inchiesta giornalistica sviluppata a modo suo, senza freni inibitori. Un’azione avviata con la conduzione personalissima di “La Zanzara”, programma radiofonico di successo su Radio 24, dove da sempre Cruciani duetta con il suo alter ego David Pa­renzo, rivale e so­dale che regge la parte e sta al gio­co. Ma la real­tà contingente è più difficile da codificare. La verve di Cruciani, non a caso, nell’ultimo periodo è stata riservata alle questioni calcistiche, naturale territorio di esercizio polemico. Per quanto riguarda la pandemia, in ogni caso, un concetto che sta a cuore al giornalista romano è quello della libertà di scelta per quanto riguarda i vaccini. E non solo.

Giuseppe Cruciani, riesce a vedere una via d’uscita dalla situazione in cui siamo stati cacciati a causa della co­siddetta pandemia?

«Non vorrei interpretare il ruo­lo della Cassandra, però non vedo nessuna soluzione imminente. E per quanto riguarda le misure che sono state annunciate, mi pare che ci si debba aspettare tempi lunghi».

Secondo lei per quale motivo?
«Prima di tutto per il ritardo che si è accumulato nella distribuzione dei vaccini. Questo è accaduto per l’inefficacia della trattativa che è stata portata avanti con l’Unione Europea. E poi per una sostanziale disorganizzazione nostra, dell’Italia».

Ma nel frattempo ci sono stati aggiustamenti in corsa?
«Il generale Figliuolo ha detto che arriveremo a mezzo mi­lio­ne di vaccinati al giorno, staremo a vedere».

Il vaccino rappresenta l’unica soluzione?
«Per me da questa situazione si esce anche con le cure domiciliari e con la diffusione del virus. Sì, con tutte le cautele del caso, ma se il virus si diffonde tra chi non ha problemi di salute, si arriva prima alla famosa immunità di gregge. Io sono un aperturista».
Le critiche all’Italia, stavolta, dovrebbero tenere conto del fatto che viviamo una realtà comune a tutto il mondo. È d’accordo?
«Non direi, in nessun altro paese ci sono state tante chiusure come in Italia».

Si parla però con insistenza di un certificato che possa comprovare la vaccinazione o l’immunità da Covid per tornare a circolare fuori dai confini nazionali: che ne pensa?
«Non sono d’accordo. Vogliamo dividere la popolazione in due categorie? I vaccinati e i non vaccinati? A me sembra un’idea folle. Ma se così fosse, allora che si abbia il coraggio di dire che la vaccinazione è obbligatoria. In caso contrario, se l’obbligo non c’è, non ha senso pensare a certificati o cose del genere».

Come valuta l’operato del nuovo premier Draghi fino a questo momento?
«Difficile poter esprimere un giudizio. L’impressione, dopo gli annunci dei nuovi ristori e dei risarcimenti, è che il problema sia comunque quello di sempre: ci sono pochi soldi, esattamente come nel caso del precedente Governo».

La politica cosa fa? Resta a guardare?
«Così pare. Non vedo una grande svolta, specie sul piano dell’economia. Un po’ meglio forse nella gestione dei vaccini. Ma i problemi restano. Quando finirà questa pandemia, ci sarà probabilmente una ripartenza dell’economia, ma intanto molte aziende avranno già chiuso. Se si chiedeva a Draghi di far avere all’Italia una maggiore autorevolezza, questo risultato è stato ottenuto, ma non è che abbia portato grandi risultati e per il resto non riesco a vedere onestamente cambiamenti».

Quindi non dobbiamo aspettarci una reale ripresa in tempi brevi?
«Le prospettive non sono incoraggianti rispetto alle ingenti perdite che abbiamo registrato e che stiamo ancora vedendo».

Si aspetta che la pandemia favorisca una revisione del sistema?

«Quale sistema?».

Economico e sociale.

«Su quali basi? No, non credo che ci sarà alcuna rivoluzione».

Che cosa immagina che accadrà?
«La pandemia lascerà uno strascico al quale bisognerà rispondere come sempre con i fatturati, recuperando le risorse perdute. Tutto qui».

E la nuova sensibilità ambientalista? È nato anche un ministero ad hoc: quello della Transizione Ecologia.
«Io non ci credo a questa svolta ecologista: ma di cosa stiamo parlando? Ma quale “green”? Ma no!».

Però, in qualche modo, il virus alcune abitudini le ha già modificate. Per esempio, gli eventi sportivi sono rimasti senza spettatori.
«Va bene, è una situazione tutt’altro che ideale. Ma cosa cambia?»

Non sarà che alla lunga perderemo per esempio un po’ di passione per il calcio (cosa inimmaginabile fino a un anno fa)?

«No, la passione degli italiani resiste e rimarrà. Sì, è vero che i più giovani guardano alla fruizione degli sport con un atteggiamento diverso. Forse loro non assistono più allo spettacolo delle partite per tutti i novanta minuti, ma solo attraverso gli “highlight”, preferiscono le immagini di breve durata. Ma la passione resta, anzi: c’è una grande attesa per quando si potrà tornare allo stadio».