L’obiezione più frequente intorno all’audiolibro in fin dei conti è anche la più facile da smontare. A chi sostiene che sentir recitare da altri un testo ne sminuisca il fascino, basterà ricordare che fin dalla notte dei tempi la grande epica, Odissea in primis, era tramandata oralmente, raccontata dagli aedi.
Chi, invece, manifesta a riguardo perplessità pratiche, può farsi un’idea più compiuta attraverso le considerazioni di Carla Fiorentino, direttore editoriale e commerciale di Emons, prima casa editrice ad aver creduto e puntato sugli audiolibri in Italia.
Direttore Fiorentino, come definirebbe l’audiolibro e in che modo spiegherebbe il lavoro che fa Emons?
«Penso che gli audiolibri siano come delle scatole magiche, perché dentro contengono tante arti: quella dello scrittore, dell’attore, del regista… Dietro c’è davvero tantissimo lavoro e noi cerchiamo di essere, per il mondo dell’audiolibro, quello che Valentino Bompiani definiva “l’editore artigiano”. Pur producendo oltre 60 libri all’anno e occupandoci di tante coedizioni, credo che ci stiamo riuscendo, grazie a una grande cura dei dettagli nella fase di produzione e post produzione, ma anche attraverso scelte editoriali molto chiare e audaci. Nella nostra collana di classici, per esempio, abbiamo iniziato a pubblicare “Alla ricerca del tempo perduto” di Proust: oltre ad affidare le copertine al bravissimo Manuele Fior, abbiamo individuato 7 voci per i 7 libri che compongono l’opera, affidando il primo (“Dalla parte di Swann”, ndr) ad Anna Bonaiuto. Attraverso la molteplicità di voci e la scelta di un’attrice donna cerchiamo di restituire l’universalità del testo di Proust e l’ampiezza del suo stile. Inoltre, come agli altri testi classici, abbiamo aggiunto un’audio-introduzione, scritta e registrata “ex novo” per noi. Nel caso di “Dalla parte di Swann” è affidata a Ilaria Gaspari, che sta realizzando anche un “podcast” dedicato alla messa in audiolibro di Proust, al suo rapporto con l’autore, alla sua visione di lettrice innamorata. In un’operazione del genere pensiamo di perseguire al meglio quello che è il nostro fine: agevolare l’accesso a quei mostri sacri della letteratura che spesso abbiamo timore di avvicinare».
Anche chi produce audiolibri ha una linea editoriale riconoscibile, come accade per le case editrici tradizionali?
«Nel nostro caso siamo paragonabili, dal punto di vista della proposta, a un editore di varia, scelta imprescindibile essendo l’unico vero e proprio editore di audiolibri in Italia. La nostra cifra stilistica e la nostra identità risiedono in quelle accortezze di cui dicevo prima, nel lavoro minuzioso e nella qualità, che cerchiamo di perseguire anche negli altri prodotti: abbiamo per esempio una produzione di cartacei in forte crescita e prevediamo delle espansioni sonore per gli audiolibri, appositamente scritte dall’autore per essere aggiunte alla registrazione del testo, come una sorta di “pop up” sonoro che accresca l’esperienza della lettura, la vita della storia. Abbiamo inoltre lanciato Emons Record, per produrre podcast come “Forty” (di cui uscirà una seconda stagione e un libro cartaceo per Fandango) e audioserie originali, come “Polvere”. Insomma: siamo dei pionieri e cerchiamo sempre più di osare, di incrociare il mondo della carta con quello dell’audio. Ecco perché sono molto affezionata al progetto su Pavese (illustrato nel box sotto, ndr): soprattutto per quegli autori che ormai sono dei classici, oggetto di studio a scuola, la compresenza di testo scritto e audio può essere un grande aiuto».
Come risponde alle solite obiezioni mosse agli audiolibri, spesso dai cosiddetti “lettori forti”?
«Rispondo che l’audiolibro è fatto proprio per chi ama leggere, perché permette di farlo anche quando non si potrebbe stare con un libro in mano. Il “lettore forte” dovrebbe temere l’audiolibro non perché rischia di allontanarlo dalla lettura, ma al massimo perché rischia di trascinarlo in una lettura perenne! Inoltre l’audiolibro è perfetto per le riletture: l’ascolto dalla voce di un professionista ti mostra aspetti che non eri stato in grado di cogliere o che avevi colto diversamente. È come quando sei in una stanza che conosci benissimo e all’improvviso arriva un fascio di luce che ne illumina un angolo che tu, proprio per abitudine, non avevi mai notato. A me è successo con “Il maestro e Margherita”, il mio “libro feticcio,” che ho letto molte volte ma di cui la lettura di Paolo Pierobon mi ha fatto scoprire nuovi, meravigliosi, angoli».
Come definirebbe chi legge gli audiolibri: un attore o piuttosto un doppiatore?
«È una sorta di ibrido tra l’attore di teatro e il doppiatore ma, in fin dei conti, è una cosa a sé. Tommaso Ragno, uno dei nostri lettori più fidati, me ne ha parlato una volta come di un’esperienza molto intima, in cui ti trovi chiuso in una sala di registrazione completamente solo di fronte a un capolavoro della letteratura, con la grossa responsabilità di dargli voce. Si crea dentro e attorno a te una dimensione particolare, come se stessi dentro un uovo e in più ti esponi all’incognita di un pubblico che non vedi e che potrà riascoltarti e giudicarti quante volte vuole…».
Come concepisce, invece, l’esperienza di chi ascolta? Ha secondo lei un carattere strettamente personale, privato?
«Per me la bellezza dell’audiolibro sta anche nella condivisione dell’esperienza di lettura: i momenti che associo con più piacere agli audiolibri sono quelli in cui ho condiviso l’ascolto durante un viaggio in auto. Con un libro è diverso: difficilmente lo si legge insieme, al massimo ce lo si passa ma in quel caso si tratta di una lettura solitaria, condivisa solo a posteriori, mentre l’ascolto permette un’esperienza simultanea che, in questo senso, si avvicina più al teatro o al cinema».