Dopo il successo del ciclo di lezioni autunnali, dedicato alla trasformazione del latte, è partito ora il nuovo blocco formativo della prima Scuola di Pastorizia d’Italia, con sede nel comune di Paroldo per la parte teorica e per quella legata al pascolo, e a Moretta, nella sede dell’Agenform (Agenzia dei Servizi Formativi della Provincia di Cuneo che si occupa di progettare, organizzare e gestire attività di formazione, orientamento, ricerca, assistenza tecnica) per le lezioni di trasformazione dei prodotti. Questa volta il “focus” delle lezioni, per ora online, verterà sulla trasformazione della carne ovicaprina.
«L’idea è nata nel comune di Paroldo», spiega Piercarlo Adami, primo cittadino del paese dell’Alta Langa, «un’area da sempre vocata alla pastorizia. Alla base ci sono la preoccupazione per la perdita dei pascoli dovuta all’abbandono di questa attività e la progressiva diminuzione, con rischio di scomparsa, di molti esemplari appartenenti ad alcune razze tipiche della zona. A queste considerazioni si è unita la carenza di occupazione giovanile. Incrociando tali esigenze è nata la scuola di pastorizia, un progetto che permette di formare professionalmente persone interessate a questo mondo, fornendo non soltanto le conoscenze teoriche e pratiche, ma anche una base di legislazione e norme europee legate ai pascoli e alla produzione di formaggi e carni».
Sindaco Adami, quali sono stati gli attori del progetto?
«Fondamentale era per noi il coordinare una pastorizia sostenibile e organizzata in chiave moderna con un’attiva salvaguardia del territorio. Coldiretti, a cui abbiamo chiesto aiuto, ci ha fornito gli strumenti operativi, il Comune di Paroldo ha allestito la sala didattica mentre la Fondazione Cassa di Risparmio di Cuneo ha sostenuto il progetto con un contributo fondamentale»
Questo interesse per la pastorizia si può collegare con il concetto di “decrescita felice” oppure ha a che fare con una visione imprenditoriale e realistica di un’attività in crescita nel futuro?
«Pur condividendo l’importanza di partire con un progetto che abbia una componente di passione, ho sempre cercato di frenare i facili entusiasmi di quelli che mi appaiono visionari convinti che con qualche animale si possa ricavare da vivere. Ad essere schietto, non credo alle imprese modello “Heidi sui monti”. Questa scuola nasce, al contrario, con l’intento di fornire strumenti precisi per creare dei veri professionisti dell’allevamento. È fondamentale raggiungere il massimo degli standard non solo al pascolo e nella stalla, ma anche nella trasformazione del latte e della carne e, non ultimo, nell’agganciare i circuiti turistici offrendo anche piccole strutture ricettive, accompagnamento in e-bike e attività legate al territorio. Bisogna fare rete. E soprattutto, ripeto, essere oggettivi: per vivere servono i numeri. Non mi stanco di ripetere agli studenti che con tre pecore si può avere un bell’hobby, non un’attività. Se questo modello avrà il successo che ci auguriamo, con Coldiretti abbiamo già pensato all’opportunità di esportare l’idea nel resto di Italia. Esiste un modulo dei corsi dedicato proprio alla parte burocratica. Chi intraprende questa attività deve essere preparato a seguire tutto l’iter. Dal conoscere la legislazione europea, al creare un ambiente a norma per la trasformazione del latte fino alla ricerca delle opportunità del territorio per trovare dei sostegni. “Siate realisti, siete pratici”, dico agli studenti. Nella mia esperienza ho visto diversi ragazzi di buona volontà trasferirsi in Alta Langa dalla città con i sogni dell’allevamento e spesso ho assistito a delusioni cocenti. Serve molta umiltà per imparare, studiare e fare un passo per volta».
Questa nuova via potrebbe avere anche una valenza turistica per l’Alta Langa?
«Sarebbe una situazione di duplice interesse. Il turista potrà godersi il paesaggio mantenuto pulito dai pascoli e gli allevatori potranno arrotondare i guadagni con le attività proposte. Qua ci sono risorse non sfruttate: dopo qualche giorno nelle vigne i turisti vogliono vedere altro, e noi dobbiamo essere pronti».
«Abbiamo creato tre moduli, il primo sulla trasformazione dei prodotti del latte, il secondo sulla trasformazione della carne e il terzo dedicato alla parte di organizzazione aziendale», conferma Lucrezia Bongiovanni, tutor della Scuola di Pastorizia.
Lucrezia Bongiovanni, come è strutturato il corso?
«Le lezioni sono di circa 105 ore, una parte di teoria che si svolge ora in Dad altrimenti a Paroldo, la parte pratica a Moretta nella sede Agenform. I nostri studenti sono molto eterogenei per età ed esperienza. Si va dai 16 anni fino ai pensionati, c’è chi ha soltanto un’idea e chi alleva già qualche animale. Gli studenti sono interessati e motivati, molti hanno intenzione di aprire un’attività».
«Diversi fattori hanno contribuito a un aumento di interesse per la pastorizia» commenta Franco Parola, responsabile servizio ambiente di Coldiretti Cuneo».
Franco Parola, a suo avviso cosa ha reso possibile ipotizzare una Scuola di Pastorizia, proposta che qualche decennio fa sarebbe stata inimmaginabile?
«Centrale è stato il cambiamento sociale della figura del pastore che ha portato a riconoscergli un ruolo ambientale fondamentale nella pulizia e conservazione del paesaggio. La svolta “green” dell’economia ha fatto il resto. Ora anche i giovani vedono nella pastorizia una possibilità di futuro lavorativo, sapendo che le moderne tecniche di allevamento garantiscono una qualità della vita decisamente migliore di un tempo»
Cosa serve per fare in modo che le nozioni e le pratiche imparate non rimangano casi di studio?
«Il corso di pastorizia offre una formazione imprenditoriale che, però, a nulla servirebbe senza una buona dose di iniziativa e capacità personale. Per mantenere biodiversità e tradizioni speriamo di creare una nuova classe di produttori e allevatori che possano essere un vantaggio per l’intera area coinvolta. Forniamo infatti una formazione completa su contributi, bandi di concorso per affidamento di un pascolo, marketing ma quello che non deve mancare a chi decide di intraprendere questa attività è l’impegno, la passione e, soprattutto, la costanza. Mettendo in pratica questi valori, verrà di certo ripagato con soddisfazione con una qualità della vita unica»