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«Non lasciare mai fuori nessuno»

Il monito di San Giovanni Bosco è il principio su cui si basa l’operato dell’Oratorio di Saluzzo per il doposcuola e il progetto “Attiviamoci”

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La ragazzina ha undici anni e fa prima media. Per compito deve scrivere in inglese come è fatta casa sua, una stanza dopo l’altra. L’inizio è incerto e il volontario la spinge con le prime parole: «There is..» «There is a bathroom»; «E poi?» «There is a crota». Sorriso, è scappato un po’ di anglo-piemontese. «Forse volevi dire cellar, cantina?». Si ride, all’O­ratorio Don Bosco di Saluzzo. Si ride, si studia e si gioca mentre questa piccola, grande rete gestita da un gruppo di suore, educatori, animatori e diversi volontari cerca di mettere in pratica le parole di don Bosco che suor Angiolina Pertusio ricorda a metà di questa chiacchierata: «Non lasciare mai fuori nessuno». In effetti il viavai è intenso. Entrano ragazzi e adulti; seduta vicino a noi c’è Maura Foglio, una delle educatrici che contribuisce a costruire le giornate dei tanti ragazzi, dai piccoli delle elementari fino quelli delle superiori, che vengono qui in cerca di un aiuto per i compiti o per passare del tempo di qualità insieme ad altri coetanei. Chi parla invece è suor Angiolina, che con le due sorelle, suor Rosa e suor Alice si occupa di far funzionare una macchina che, pandemia a parte, raccoglie decine di giovani saluzzesi.

Suor Angiolina, chi sono i vostri ragazzi?
«Arrivano principalmente da famiglie straniere, ma naturalmente non mancano gli italiani. Sono bambini e giovanissimi che hanno bisogno di aiuto sia da un punto di vista didattico sia, soprattutto, da quello u­mano; spesso provengono da famiglie con forti difficoltà, che non riescono a seguirli nella loro crescita. Il nostro doposcuola, attivo da più di due anni, accoglie nell’oratorio diocesano i bambini delle elementari, cercando di fornire loro un ambiente sano».

E per i ragazzi più grandi?
«Nei nostri spazi prende vita un altro progetto attivo già da una decina di anni, “Attiviamoci”, per gli studenti delle scuole medie. A differenza del doposcuola, qui sono le scuole a suggerirci dei casi di particolare fragilità, che necessitano di aiuto e di accompagnamento. A loro cerchiamo di dare, attraverso i nostri educatori e i volontari, un supporto concreto con l’aiuto per i compiti e delle risposte anche sul piano affettivo e umano».

Quante persone collaborano nella vostra realtà?
«In tempi normali, prima della pandemia, potevamo contare su oltre trenta volontari, senza contare gli animatori per gli studenti delle superiori e gli educatori, a fronte di più di settanta ragazzi tra elementari e medie. L’idea che avevamo in partenza era quella di creare un rapporto di uno a uno, ma le richieste di aiuto sono molto superiori e questa emergenza ci ha privato di molte figure che venivano a darci una mano. In ogni caso, è importante sottolineare che i nostri educatori vanno ben oltre il supporto scolastico: sono infatti tante le attività, da quelle sportive ai laboratori pratici, che cerchiamo di mettere a disposizione, andando a cercare i ragazzi, quando necessario, anche a casa».

Suor Angiolina, osservando la vostra realtà si ha la sensazione, una volta di più, che in Italia il ruolo del volontariato supplisca spesso alle mancanze dello Stato. E in un certo senso, senza nulla togliere agli straordinari sforzi della nostre scuole, che il modello di accoglienza alla don Lorenzo Milani sia proprio qui, fuori dalle istituzioni. Vi sentite degli apripista?

«Bisogna considerare, prima di tutto, che i nostri fondi, oltre che dai benefattori, arrivano anche dal comune di Saluzzo e dalla Diocesi: sentiamo la presenza delle istituzioni. Poi certo, noi siamo salesiane, figlie di don Bosco, e cerchiamo di applicare i suoi tre grandi principi: ragione, religione e amorevolezza. La nostra spinta etica si basa su un criterio semplice, che è quello di aiutare prima chi è più in difficoltà, tentando di creare dei cittadini onesti. Ed è per questo che le nostre attività sono molto ampie: dal “sabatorio”, il sabato che accoglie più di cento ragazzi, ai gruppi di adolescenti che vengono qui due sere a settimana per stare insieme e discutere, cerchiamo di presidiare il più possibile il mondo giovanile».

E i risultati sono positivi?
«Facciamo del nostro meglio: qualcuno l’abbiamo recuperato, altri si sono smarriti. Ma la nostra linea è sempre quella di don Bosco, che citavamo in partenza: “Non lasciare mai fuori nessuno”».