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«Non rinunceremo a dare il nostro contributo»

La Rivista IDEA incontra l’Unione Monregalese con l’intervista al direttore don Avagnina

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Considerare i settimanali locali come dei semplici aggregatori di notizie territoriali sarebbe un errore. Tali realtà, in­fatti, svolgono un ruolo che va ben oltre la vocazione comunicativa e, spesso, fungono da pungolo per l’area in cui operano. È il ca­so dell’Unione Monregalese che, dal 1898, oltre ad accompagnare la quotidianità delle comunità a cui si rivolge, si preoccupa di indicare vie d’uscita dai pro­ble­mi e, soprattutto, di mettere in circolo idee capaci di assicurare lustro e prospettive di crescita al territorio. Ne abbiamo parlato con il direttore, don Corrado Avagnina.

Cosa significa fare informazione locale in tempo di pandemia?
«Significa, e ciò dovrebbe valere anche per i media generalisti, comunicare informazioni e dati accreditati e veri­fi­ca­ti, senza nascondere nulla e dando voce a chi è impegnato in prima linea, a chi si sta spendendo contro il coronavirus, alle te­sti­mo­nian­ze coraggiose, a chi sta sof­frendo di più. In parallelo, non bi­­sogna avere paura di raccogliere i “rilievi” che evidenziano le co­­se che non vanno o, co­mun­­que, che non hanno funzionato».

Il Monregalese, peraltro, è stato particolarmente colpito dall’emergenza sanitaria…

«È vero, purtroppo. Il settore turistico legato alla montagna, quelli del commercio e dell’artigianato rappresentano gli assi portanti dell’economia locale: di conseguenza, vedendoli in ginocchio, ci è venuto spontaneo riservare un’attenzione particolare a tali comparti. E poi ci sono anche tante famiglie letteralmente con l’acqua alla gola. È un momento di enorme affanno: il giornale cerca di interpretare le singole istanze, di farsi portavoce delle necessità più urgenti e di interpretare quelli che potrebbero essere gli scenari futuri».

Cosa “vede” all’orizzonte?
«Un futuro incertissimo, ahimè. Di certo, c’è solo il fatto che nulla sarà più come prima: bisognerà reinventare un nuovo “modo di essere” e di lavorare; occorrerà riscrivere l’economia, tornando a mettere al centro le persone, la dignità delle famiglie, le nuove generazioni. Nes­suno dovrà restare indietro».

In un contesto del genere quale dovrà essere il ruolo dei singoli?
«Ciascuno di noi dovrà contribuire a ridisegnare il futuro, senza aspettare e nemmeno senza lasciarsi travolgere dagli effetti della pandemia. Bisognerà appellarsi alle “forze” e alle “in­telligenze” più positive per affrontare que­sto “do­po” che è già dietro l’angolo».

Come si dovrà comportare, invece, l’informazione locale?
«Come ha fatto fi­nora, ov­ve­ro informando nella ma­niera più corretta possibile e stando in mezzo alla gente per coglierne fatiche, “spirito”, “respiri”, speranze e ansie. Tutto ciò “coltivando” la democrazia e senza mai perdere il coraggio di dire cose in controtendenza: i settimanali co­me il nostro devono aiutare le persone a riflettere in modo che non vivano accodate».

Avverte la difficoltà del ruolo di direttore, oltre che di sacerdote?
«È da quasi mezzo secolo che navigo in questo tanto entusiasmante quanto complicato mare rappresentato dal mondo della comunicazione. Sono partito con la “linotype”, che mi ha pure lasciato una cicatrice su un braccio, per giungere all’informazione digitale, dei siti Internet e dei social. Cercherò, quindi, di continuare a dire la mia, mettendo in campo i valori, specialmente quelli cristiani, che più mi caratterizzano».

A proposito… Ci dica la sua sul Monregalese.

«La nostra realtà deve fare i conti con ferite che hanno origini ormai lontane nel tempo; penso, in particolare, alla fragilità idrogeologica, che emerge lampante ogni qualvolta si scatenata un’ondata di maltempo: servono importanti interventi di messa in sicurezza e collegamenti sicuri ed efficienti».

E sul fronte economico?

«Mondovì e il suo territorio hanno forse l’esigenza di ritrovare un tratto qualificante, di ri­chiamo. Qualcosa, in questo senso, sta emergendo, specie nel settore turistico e in quello dell’enogastronomia, in cui le eccellenze locali vengono promosse in quanto tali».

Consigli?
«Detto dei beni turistici e della cucina, credo che anche tutto ciò che ruota attorno alle mongolfiere sia in grado di calamitare l’attenzione generale verso il territorio che tanto amiamo. L’altra carta da giocare è sicuramente quella dell’offerta formativa. Insomma, le potenzialità per fare bene ci sono tutte».

L’Unione Monregalese quali stra­de percorrerà?
«Vogliamo fare la nostra parte per supportare il territorio a trovare la carta giusta su cui puntare e sui cui investire. Il nostro pro­getto di informazione e promozione turistica “Viaggio nel Monte Regale”, che valorizza arte, storia, cultura, paesaggio ed eccellenze del Monregalese, va proprio in questa direzione».