Nell’estate 2020 l’oro abbatteva ogni precedente record. Per contro, negli ultimi mesi, il fabbisogno di oro da parte degli investitori pare aver subito una flessione, spingendo il metallo giallo ad un test verso i 1.700 dollari per oncia.
Analizzando il tutto, non deve sorprendere più di tanto che l’oro abbia passato delle difficoltà in questo primo trimestre del 2021. L’appeal nei confronti del metallo giallo è diminuito dopo che la pandemia provocata dal coronavirus è stata riportata, almeno apparentemente, sotto controllo. Il tutto mentre i mercati azionari volavano verso nuovi record. Ma anche in una fase in cui nuove criptovalute hanno attirato l’attenzione generale l’oro ha dunque stornato dai massimi. Ma ci sono ancora delle motivazioni che potrebbero alimentare un rialzo del metallo giallo?
Prima proviamo a riflettere sui fattori che hanno provocato l’impennata dei prezzi dello scorso anno. Con la diffusione del coronavirus in tutto il mondo, che ha innescato la più grande crisi sanitaria ed economica dell’ultimo secolo, gli investitori, in seguito al crollo dei mercati azionari, si sono spostati verso beni rifugio come l’oro. Poi, quando le potenziali ricadute economiche dei lockdown e delle altre restrizioni sono diventate evidenti, le banche centrali di tutto il mondo hanno iniziato a stampare quantità esorbitanti di denaro, aumentando ulteriormente la domanda di oro.
Nella fase attuale, con la crisi sanitaria che sembra fortunatamente rientrare, grazie anche ai vari vaccini che vengono lanciati a livello globale, gli investitori paiono rivolgersi verso altri assets. In particolare, l’azionario, con molti indici ormai saliti sopra ai livelli pre-pandemici. Fra questi tutti i principali americani. Negli ultimi mesi l’appeal dell’oro come bene rifugio è quindi diminuito, ma un’altra delle sue principali caratteristiche, ossia il fatto di essere una riserva di valore, rimane intatta, nonostante le banche centrali abbiano continuato nelle loro politiche ultra espansive (che hanno di fatto determinato tassi bassissimi e spesso anche tassi negativi).
Queste istituzioni, inoltre, sono tornate ad acquistare oro fisico come parte delle loro riserve valutarie. La Banca centrale polacca, ad esempio, ha annunciato un piano per acquistare almeno 100 tonnellate di oro nei prossimi anni, mentre la Russia, il più grande acquirente degli ultimi anni, sta intensificando nuovamente i suoi acquisti. Un mercato azionario in salita è sicuramente di ostacolo per l’oro ma la ripresa economica rimane molto fragile ed eventuali notizie negative potrebbero intaccare l’ottimismo presente tra gli investitori.
Una correzione dei mercati azionari nell’ordine del 5-10% è pertanto del tutto plausibile, con l’oro che potrebbe beneficiare di un ritorno in una situazione di “risk-off”. Supponendo che la ripresa economica continui senza sosta, cosa che sembra essere data per scontata da molti investitori, ci sono tuttavia non poche preoccupazioni circa l’andamento dell’inflazione. La correlazione tra l’oro, ultima riserva di valore, e l’inflazione, il silenzioso distruttore di valore, non è particolarmente chiara. Da un lato, l’aumento dei tassi di interesse per contrastare l’inflazione è negativo per l’oro poiché il fatto che quest’ultimo non offra un rendimento lo rende poco interessante in una situazione di tassi in salita.
D’altra parte, una delle cause primarie dell’inflazione è l’enorme quantità liquidità generata dalle banche centrali, tramite i Quantitative Easing, che potrebbe riversarsi anche sull’oro, in uno scenario di tassi negativi. Quali sono quindi le previsioni per l’oro? Mentre un ritorno ai massimi record del 2020 appare difficile, le prospettive per il medio termine appaiono moderatamente ottimiste con il metallo giallo che potrebbe costituire un valido strumento di copertura in caso di nuove tensioni sui mercati azionari.