«L’affissione è un mezzo molto popolare, che raggiunge tante persone. Mi è sempre piaciuto. È un po’ come le vecchie pitture rinascimentali: erano visibili a tutti, no?». Oliviero Toscani spiega così il suo nuovo progetto che vuole offrire spunti di riflessione e approfondimento attraverso la materia che conosce meglio, le fotografie, ma utilizzando strade nuove, inesplorate. Ecco perché è nato il progetto “CùCù”. Per cogliere l’attimo e l’attenzione. «Questo è un momento particolare», dice Toscani. «Siamo alle prese con il Covid e c’è la crisi, tutti sono impegnati a mettere i “like” sui social, a seguire strana gente, gli “influencer” che ci dicono cosa comprare… Ma proprio per questo sono convinto che il manifesto possa essere qualcosa di diverso. E al tempo stesso un media potente come un social».
Come è nata l’idea?
«Quasi per caso, si erano liberati alcuni spazi nei dispositivi elettronici e allora ho chiesto se fosse possibile utilizzarli per esporre le immagini di fotografi scelti da me, immagini che non intendono proporre oggetti da comprare e da consumare. Anzi. Vorrebbero rappresentare spunti di piacevole riflessione: foto coinvolgenti, che fanno ragionare. Li ho chiamati “Cucù”, come per evocare un qualcosa che attira l’attenzione all’improvviso. Come il cuculo che si distingue da tutti gli altri uccelli, perché fa il suo nido dove vuole».
Possiamo interpretarla come una finestra che si apre oltre l’emergenza Covid?
«L’idea è quella di focalizzare l’attenzione sui nostri comportamenti, specialmente in questo ultimo lungo anno in cui abbiamo attraversato tante difficoltà. Ho chiesto di fare foto che esprimessero la nostra condizione durante il “lockdown”. In un preciso momento storico in cui siamo tutti “consumatori”. Ma vi rendete conto? Non “pensatori”, siamo “consumatori”».
Qualcosa potrebbe cambiare secondo lei, anche da questo punto di vista, per mezzo della crisi?
«Il virus certamente modificherà alcuni comportamenti, del resto ha già cominciato a farlo. Ci siamo resi maggiormente conto di quali siano i valori fondamentali, le cose davvero importanti. Non tutti, poi, reagiscono allo stesso modo e capiscono la situazione. C’è un po’ di tutto: ci sono quelli che accusano gli altri, ci sono i complottisti oppure gli imbecilli…».
Recentemente ha paragonato la nostra situazione attuale a quella di un barcone di immigrati dove, ogni tanto, qualcuno finisce in mare.
«Sì, ma in confronto a noi, se non altro, i migranti sanno in quale porto approderanno o almeno dove vogliono andare. Noi invece andiamo avanti senza sapere quale sarà la meta. Il virus ha tolto ogni certezza, quindi fa paura. Ha un impatto forte sull’economia. Però il risvolto interessante sta in questo effetto verticale che porta necessariamente a riflettere su tante cose. Quando supereremo la crisi, sono convinto che avremo idee più chiare».
Chi è oggi un bravo fotografo?
«Essere un fotografo non significa semplicemente scattare foto. Quella è la parte tecnica. Un po’ come per un giornalista, non si tratta solo di saper scrivere. Essere un fotografo oggi significa analizzare la contemporaneità, avere spirito critico ed esercitarlo sempre. Avere anche una visione del futuro. Essere fotografo non vuol dire limitarsi a fare lo scattino. Il fotografo, in definitiva, è un autore».
Tornando a lei, non disdegna le polemiche, anche accese, con i politici. O almeno con alcuni politici.
«Ma sì, mi arrabbio con Gasparri, con Meloni. In generale con quelli che in questo momento si impuntano contro lo “Ius soli”, invece di preoccuparsi casomai di fare qualcosa per arginare l’omofobia o altre questioni. Piaccia o non piaccia, il mondo sta andando in una direzione precisa. Bisogna adeguarsi. Del resto, come si è affermato il Rinascimento? Con la forza della fantasia, messa in pratica. Il problema è che in politica trovano spazio anche i mediocri. Ma è fondamentale guardare più in là, non essere conservativi».
Facebook recentemente ha bloccato la sua pagina censurando una fotografia dei Maneskin ritenuta offensiva. Che cosa ne pensa?
«Che su Facebook applicano la censura della nonna, bloccano la pagina per un seno scoperto e magari non intervengono quando c’è pornografia».
Twitter invece si è spinto oltre, negli Usa ha censurato il presidente Trump.
«A dire la verità, quello è stato il momento meno sorprendente. I post dell’ex presidente ci avevano già fatto capire che personaggio fosse veramente prima che intervenisse Twitter».
Per finire, conosce la zona delle Langhe? Ci è già stato?
«Certamente. Quelli di Gaja, a Barbaresco, sono miei amici. E spesso da quelle parti mi hanno invitato per celebrare il tartufo in tutte le sue forme. Conosco e apprezzo. Le Langhe sono un territorio di grande qualità che ancora vive in sintonia con le persone che lavorano tutti i giorni, come i contadini, ovvero gente con le palle. Una rarità, ormai».