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«Il motore di ricerca è ancora il fulcro»

Intervista a Simona Panseri, direttore della comunicazione del colosso per il sud Europa

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“Il migliore posto dove nascondere un cadavere è la seconda pagina di Google”. È un’affermazione, scherzosa ma nemmeno troppo, che si sente spesso fare parlando di posizionamento di siti Internet, la quale dimostra come l’azienda statunitense nata nel 1998 a Mountain View in California, possa determinare il successo o meno di un sito e quindi dell’attività o della persona ad esso riferita. Oltre al motore di ricerca Google, tra la grande quantità di prodotti o servizi offerti c’è il sistema operativo Android, il sistema operativo Chrome OS e servizi web quali YouTube, Gmail, Play Store, Google Maps e molti altri.

Se domattina ci svegliassimo scoprendo che tutte le applicazioni e servizi legati all’a­zienda californiana sono scomparse, non sarebbero mol­ti a poter fare come se fosse accaduto nulla, tanto essi incidono sulla nostra quotidianità, dal business alla mobilità, passando per l’intrattenimento. Un grande potere e allo stesso tempo un grande responsabilità che chi si occupa della comunicazione dell’azienda deve saper maneggiare con cura.

Tale incombenza, per quanto riguarda il Sud Europa, ricade in prima battuta su Simona Panseri. A lei IDEA ha rivolto alcune domande per sondare la Galassia Google.

Google sforna novità a getto quasi continuo, tra app e veri e propri oggetti tecnologici (co­me i “Google Glass”). Qua­le pensa abbia avuto l’impatto più forte sul pubblico?
«Il motore di ricerca. No­nostante sia il punto di partenza di tutto, è ancora un servizio che porta grande valore alle persone e ha un impatto estremamente concreto e positivo sulla vita quotidiana. Inoltre, quello della ricerca è un fronte ancora estremamente aperto e con ampi margini di evoluzione e innovazione. Basti pensare al passaggio dall’uso del testo a quello della voce (e addirittura del canto!), che sta cambiando il modo in cui le persone interagiscono con il motore di ricerca. E ancora, grazie all’intelligenza artificiale, si trova ciò che si stava cercando anche se si commettono errori di battitura. Dal motore di ricerca tutto è partito, ma continua a evolversi in ma­niera rapida sempre con l’obiettivo di rendere agli utenti la ricerca rapida, intuitiva e utile».

Quale tra questi servizi è in cima alla lista delle sue preferenze?

«Direi Google Maps, che non è solo uno strumento per scoprire il mondo in senso lato, ma anche uno strumento per scoprire il mondo intorno a me. Verificare un luogo prima di visitarlo, trovare indicazioni stradali (funzione che uso moltissimo anche quando mi muovo in città con i mezzi pubblici, in bicicletta o a piedi) e per scoprire attività commerciali: dove si trova la farmacia più vicina? dove posso far riparare la bicicletta? Quali ristoranti offrono servizio di asporto? Queste sono solo alcune delle domande cui quotidianamente posso dare risposta grazie a Google Maps. Da semplice stradario a strumento versatile che, grazie alle tecnologie più avanzate di “machine learning”, estende i confini di ciò che una mappa può fare per me ogni giorno. E il lavoro su Maps è ancora tanto e in continua evoluzione: basti pensare che entro l’anno apporteremo oltre 100 miglioramenti allo strumento, grazie all’intelligenza artificiale».

Un tempo Google era quasi una sineddoche, cioè una parte che rappresentava tutto Internet. Ora mi pare che lo sia meno?

«Credo sia un errore identificare Internet con Google. In passato così come oggi, Google è solo una delle tantissime aziende, grandi, piccole e piccolissime che offrono alle persone e all’ecosistema economico dei servizi su e attraverso In­ternet. Le persone scelgono di utilizzare i nostri servizi se e quando li trovano utili, quando siamo in grado di offrire la risposta a una necessità. E per continuare a rispondere alle esigenze delle persone, che cambiano costantemente, è necessario continuare a innovare. Ci sono moltissimi altri che rispondono a questi stessi bisogni delle persone e talvolta lo fanno in modo del tutto diverso da noi. Per esempio, per cercare un prodotto ci si può rivolgere al motore di ricerca, oppure si può andare direttamente su un sito di e-commerce. Due diverse so­luzioni per una stessa esigenza, entrambe offerte attraverso Internet. Per Google, quello che conta è che le persone abbiano la possibilità di scegliere liberamente se usare i nostri prodotti o no, e infatti consentiamo anche di trasferire i propri dati dai nostri servizi a quelli dei concorrenti nel caso in cui si preferisca passare a un altro servizio che in quel momento risponde meglio alle sue esigenze.

Una delle novità più recenti e interessanti è il “News showcase”. Ci spiega meglio come funziona?

«Google News Showcase è un nuovo programma di licenze annunciato nel 2020, che offre ai lettori l’accesso a contenuti più approfonditi a fronte di una remunerazione per gli editori firmatari degli accordi. “News Showcase” permetterà agli editori di rafforzare la propria relazione con i lettori, sviluppare nuovi modelli per la monetizzazione dei contenuti e trarre beneficio dall’aumento di traffico verso il proprio sito. Nelle scorse settimane abbiamo annunciato che “News Showcase” è disponibile an­che in Italia grazie agli accordi di licenza firmati con una serie di editori, sia di portata nazionale che di carattere lo­cale, tra cui Rcs Media Group, Sole 24 Ore, Gruppo Monrif, Caltagirone Editore, il Fatto Quotidiano, Libero, Il Foglio, Il Giornale, Il Tempo, Ciao­people, Edinet, Gruppo Corriere, Citynews e Varese web. “News Showcase” non è però un’iniziativa isolata, questo ci tengo a sottolinearlo. Si inserisce infatti in un quadro molto più ampio di iniziative che rappresentano l’impegno di lungo termine di Google verso il mondo del giornalismo. Oltre a programmi come la Google News Initiative e alla collaborazione in ambito pubblicitario con gli editori a livello globale, attraverso le sue piattaforme Google invia ogni mese ai siti degli editori 24 miliardi di clic, che permettono agli editori di aumentare i ricavi attraverso annunci e nuovi abbonamenti sui loro siti e app. In Italia, dal 2015 Google ha investito 11 milioni di euro in progetti italiani di giornalismo attraverso il Fondo per l’Innovazione della Digital News Initiative, mentre nel 2016 ha sottoscritto con Fieg un accordo triennale che ha portato l’a­zienda a investire oltre 16 milioni di euro su una serie di settori strategici per l’editoria digitale. E nel 2020, con il diffondersi della pandemia di Covid-19, ha offerto supporto economico a oltre 300 redazioni italiane attraverso il suo Fondo globale di emergenza per il giornalismo locale».

A proposito di Covid, è ben chiaro quanto la pandemia abbia determinato un utilizzo ancora più marcato di In­ternet. Dal suo particolare punto di osservazione quale aspetto l’ha colpita di più al riguardo?

«Credo che la pandemia abbia reso evidente, in modo concreto, l’effetto positivo che i servizi digitali possono avere grazie alla loro utilità. Quello che a me ha molto colpito è in particolare l’impatto sulle piccole imprese. La pandemia da Covid-19 ha certamente accelerato la necessità per le imprese di far crescere il business, trovare nuovi clienti o consolidare il rapporto con quelli esistenti. Google da molto tempo si affianca alle piccole e medie imprese e ai professionisti attraverso percorsi formativi per dar loro la possibilità di accrescere le competenze digitali. “Cresce­re in Digitale” e i Google Digital Training negli ultimi cin­que anni hanno aiutato 500.000 persone a ottenere le competenze digitali necessarie per rilanciare un’attività o migliorare la propria carriera lavorativa. Per i prossimi anni Google intende aiutare altre 700.000 persone e piccole e medie imprese a digitalizzarsi, con l’obiettivo di portare il numero complessivo a oltre 1 milione per la fine del 2021. Inoltre gli strumenti di Google, come Maps attraverso le schede gratuite di Google MyBusiness, Google Shopping e altri aiutano i commercianti e le piccole attività a farsi trovare dagli utenti online, sostenendo così la loro attività. Io stessa, principalmente in quest’ultimo anno ho scoperto, grazie agli strumenti Google, negozi e servizi per fare acquisti online, piccole realtà locali che ormai sono diventate par­te della mia quotidianità e da cui mi rifornisco settimanalmente, ad esempio per la frutta e la verdura».

BaNNER
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