La cultura non ha età e nella vita non c’è un limite per smettere di imparare. Lo dimostra il saluzzese Roberto Mensa, plurilaureato di settantacinque anni, con una considerevole passione (e propensione) per lo studio.
Mensa, che ragazzino era alle superiori e cosa sognava per il suo futuro?
«Dopo il primo anno all’istituto tecnico per ragionieri, in cui zoppicavo con risultati appena sufficienti, ho acquisito un metodo di studio efficiente che mi ha poi accompagnato durante gli studi successivi. In sintesi, non ero il primo della classe, ma sicuramente facevo parte del gruppo dei più bravi. I miei geni, confermati da tutta l’attività di famiglia, indicano una certa predisposizione per l’aspetto commerciale che mi ha accompagnato in tutta la mia attività professionale».
Quando ha conseguito la sua prima laurea?
«Nel 1968, a soli 23 anni, in Economia e Commercio, discutendo una tesi su “Rapporti tra sconto commerciale e sconto razionale”. Nei due anni successivi ho seguito un corso di specializzazione e in seguito sono entrato nel mondo del lavoro».
Di che cosa si è occupato?
«Dal 1970 al 2007, per 37 anni, ho fatto il dirigente industriale nel settore dell’abbigliamento, per le più grandi aziende italiane. La mia attività professionale mi ha portato a viaggiare in Europa, Medio Oriente, Estremo Oriente e in Nord America, al fine di promuovere la diffusione dei nostri marchi nel mondo. Ho avuto l’occasione di entrare in contatto con realtà sociali differenziate e operatori di etnia e cultura diverse dalla nostra. Valorizzare le differenze, fare ponti per capire l’interlocutore è stata l’occasione di arricchimento più importante per affrontare i problemi d’integrazione della nostra società al fine di vederne gli aspetti positivi».
Sul piano pratico di cosa si occupava?
«Mi sono occupato di alta moda, collaborando con stilisti italiani conosciuti nel mondo: Valentino, Soprani, Krizia. Ho così completato la mia esperienza, prima limitata all’abbigliamento in serie, con prodotti unici diffusi sui mercati internazionali per l’apprezzamento del livello dell’alta moda italiana».
Terminato l’impegno lavorativo e raggiunta la pensione come si è organizzato?
«Terminata l’attività lavorativa, mi son dedicato prima agli studi nel settore economico e amministrativo (come le lauree in Giurisprudenza, Diritto del lavoro, Scienze dell’Amministrazione Pubblica e Privata) a completamento di quanto appreso con i due percorsi di studio portati a termine prima dell’inizio dell’attività lavorativa e dell’esperienza aziendale. Successivamente ho sentito il bisogno di estendere le mie conoscenze all’Antropologia, alla Filosofia e Scienze della Comunicazione».
Quale percorso di studi l’ha coinvolta di più e qual’è risultato più difficoltoso?
«Ho vissuto lo studio dell’Antropologia con particolare partecipazione, perché per me era un settore nuovo e mi aiutava molto a capire i confronti che avevo vissuto con etnie e culture diverse dalle nostre e soprattutto da una piccola città da cui provenivo. I percorsi di studio sono tutti facili o difficili, in funzione dell’interesse che guida l’allievo verso l’area di sapere che affronta».
Che approccio avevano gli insegnanti davanti ad un uomo maturo, tra tanti ragazzi?
«Sono sempre stato attento a non condizionare l’ambiente di apprendimento con la mia esperienza precedente. Sarebbe stato un momento di complicazione; quello che interessa è acquisire una nuova esperienza, quindi il docente di riferimento, competente nella materia, è sempre nel suo ruolo di guida e chi lo ascolta un allievo, qualunque età abbia e senza considerare le esperienze precedenti».
Ha avuto tempo e modo di crearsi una famiglia nonostante la sua carriera?
«Ho una moglie, due figli e sei nipoti. Una famiglia solida, in cui il fulcro è la mia compagna di vita, la quale mi dà la forza necessaria per superare le difficoltà che contraddistinguono le varie fasi della vita. Senza la sicurezza di rapporti familiari stabili non avrei potuto procedere nell’attività lavorativa ottenendo i risultati raggiunti».