Una lunga esperienza in Serie A1 e la voglia di riscattarsi dopo due stagioni sfortunate per via del Covid-19. Con queste ambizioni Federica Stufi si è presentata alla Bosca S. Bernardo Cuneo, che ha scelto di affidare a lei le redini del rinnovato reparto di centrali.
Federica è stata ospite di “Terzo tempo”, la trasmissione di approfondimento sportivo di Ideawebtv.it, parlando per la prima volta da giocatrice biancorossa: “La chiamata di Cuneo mi ha reso felicissima, soprattutto per l’entusiasmo che si è creato intorno a me. Dopo il mio procuratore, la prima a chiamarmi è stata Noemi (Signorile, ndr), con cui ho vissuto un anno bellissimo a Busto Arsizio: è una persona fantastica e una palleggiatrice che valorizza al meglio il lavoro delle centrali. Mi ha fatto molto piacere anche la chiamata di Pistola: a me piace il dialogo e sentire che nel suo gioco le centrali hanno un peso cruciale mi ha davvero gratificata”.
Tra le scelte che l’hanno spinta ad accettare, il fattore sportivo e progettuale gioca un ruolo centrale: “Di Cuneo ho sempre apprezzato, oltre all’ambiente di cui tutti mi parlano benissimo, la voglia di crescere un passo alla volta. Nella prossima stagione la nostra squadra dovrà essere “fastidiosa”. Dovremo avere grinta e voglia, cercando di creare un nostro gioco ben definito, così da potercela giocare sempre al meglio contro tutte”.
Tanto da imparare, ma anche tanto da dare a una piazza che ha bisogno della sua maturità sportiva: “Spero di portare a Cuneo l’esperienza accumulata in questi 12 anni di Serie A1, così da aiutare magari le più giovani. Io sono sempre dell’idea che sia il campo a fare la differenza: ci sono squadre più o meno forti, più o meno fisiche o tecniche, ma alla fine ad essere decisiva è sempre la fame con cui ti presenti alla partita. E noi dovremo avere fame sempre”.
Infine, una battuta sulla sua parentesi in azzurro: “La Nazionale è stata per me un’esperienza indimenticabile, anche perchè vissuta quando ero ancora giovanissima. Mi ritrovai di colpo al cospetto delle migliori giocatrici italiane e mondiali e dovetti cercare di gestire al meglio l’emozione. Sono state occasioni davvero formative, che mi hanno insegnato una cosa: quando giochi con la Nazionale, non conta il nome che porti dietro le spalle, ma lo stemma che è cucito sul tuo petto. Credo che questo valga anche per i club: la squadra viene sempre prima”.