Ci sono giornali che, pur essendo arrivati anagraficamente dopo ri­spetto a quelli con una storia ultracentenaria, hanno saputo radicarsi fortemente nel territorio del quale si oc­cupano. Pensiamo, ad esem­pio, al Nuovo Braidese e alla Piazza Grande, settimanali locali nati rispettivamente nel 1964 e nel 1988 e oggi punto di riferimento nelle loro aree di competenza. Ne abbiamo par­­lato con il direttore del­le due testate, Claudio Bo.
Direttore Bo, partiamo dal­l’at­­tualità della pandemia. Qua­le linea editoriale state seguendo?
«Abbiamo cercato di seguire al meglio l’evolversi della pan­­­demia, senza alimentare il panico e senza rincorrere le miriadi di voci in circolazione, ma concentrando l’attenzione sulle notizie ufficiali o, co­munque, verificabili. Ci sia­mo però imbattuti nel “limite” della carta…».
Quali sono questi limiti della carta stampata?
«Chi realizza un giornale carta­ceo deve necessariamente fare i conti con i tempi di stam­pa, il che significa che, a un certo punto della settimana, le pagine vengono “chiuse” e non è più possibile ag­gio­rnarle. Soprattutto du­ran­te quest’emergenza, in cui le situazioni evolvono in maniera rapida, ciò può risultare un grosso limite».
Come si ovvìa al problema?
«Continuando a seguire i fatti ma in maniera differente, ov­vero privilegiando l’approfondimento, le opinioni, le ana­­lisi dal punto di vista culturale, sociale, scientifico, eco­­nomico. E, soprattutto, dan­­do voce a chi vive i fatti in prima persona, come ad esem­­pio gli imprenditori, i ristoratori, gli organizzatori di eventi e, in generale, tutti i rappresentanti delle categorie più penalizzate dall’emergenza sanitaria. Insomma, cerchiamo di essere una “cassa di risonanza” a disposizione del­l’opinione pubblica».
Anche relativamente a tematiche “scottanti”?
«Sì, specie con Piazza Grande, cerchiamo di agire da pun­golo e di essere, nei fatti, una “piazza grande” in cui le persone possano incontrarsi, con­­­frontarsi e approfondire i te­­mi di attualità o, comunque, quelli maggiormente sen­­­­­­­­titi. In questo senso, di­ven­­ta fondamentale evi­­­­tare considerazioni “di pan­­cia”, preoccupandosi in­vece di an­dare all’origine dei problemi e di riportare le notizie nel­la ma­niera più oggettiva possibile, accompagnandole con da­ti e documenti e, so­prat­tut­to, dando a tutte le par­ti interessate la possibilità di intervenire. L’obiettivo è sollevare le questioni e avviare il dibattito, in modo tale da po­ter giungere a una soluzione del problema».
Per assicurare questo servizio di approfondimento quanto è importante il ruolo dei collaboratori?
«Quello dei collaboratori è un apporto significativo. A questo proposito, desidero ringraziare tutti loro e, in particolare, chi lo fa per la semplice pas­sione di scrivere o, co­mun­que, di raccontare spaccati della nostra società. In ge­nerale, possiamo contare su firme di primo piano, a partire da Gian Mario Ricciardi, Re­migio Bertolino, Antonio Ma­ria Costa, solo per citarne alcuni. Sta dando buoni frutti anche la collaborazione con l’Anafi, Associazione Na­zio­nale del Fumetto, che cura una pagina mensile a tema».
Le prossime sfide che attendono i vostri settimanali?
«Un grande progetto di informazione online, per completare il servizio che forniamo con le nostre testate cartacee. Te­state che, tuttavia, non met­­­teremo in secondo piano, anzi: faremo il possibile per ac­­crescere la qualità dei nostri scritti, anche perché il piacere che si prova nel leggere articoli di qualità sulla carta stampata non ha paragoni».