Una giovane don­na e il suo amore per lo spazio: è così che Linda Rai­mondo è diventata Astro­Linda, puntando alle stelle. È nata a Torino 21 anni fa e vive ad Almese, in Val di Su­sa. È ancora troppo giovane per candidarsi a diventare cosmonauta dell’Agenzia Spa­ziale Europea (Esa), ma si è già fatta notare vincendo un concorso che l’ha portata fino alla Nasa, grazie a un progetto sul recupero di campioni dalla Luna e da asteroidi con rientro previsto sulla Terra a bor­do di un piccolo shuttle. Nel 2018, quindi, è volata per un anno al Marshall Space Flight Center in Alabama. Studia Fisica all’Università di Torino ed è un volto di Rai Gulp, do­ve presenta “Missione Spazio”. Fra un esame universitario e una puntata in tv, ha scritto anche un libro, intitolato “Tra le stelle e un po’ più in là. Dieci passi per realizzare il tuo sogno” (Mondadori).
Com’è nata la passione per lo spazio?
«Non c’è stato un momento preciso: fa parte di me. Fin da quando ero piccola, tale passione è stata così forte che ho mai avuto dub­bi su quale sarebbe stata la mia strada. Mi è sempre piaciuto osservare il cielo e sull’onda di questo interesse ho fatto tutte le scelte successive».
Cosa la affascina del firmamento?
«C’è tanto che non conosciamo, un’infinità di domande senza risposta, e da ogni risposta che arriverà nasceranno altre domande che ci porteranno chissà dove, ma più lontano di quanto ci siamo spinti fino adesso. È stupefacente che, seppur così piccoli, ci siamo spinti tanto lontano nello spazio e anche nel tempo, perché più guardiamo lontano nello spazio e più guardiamo indietro nel tempo».
Quali sono i suoi obiettivi?
«Dopo la laurea triennale, intendo continuare con Fisi­ca Teorica alla magistrale e da quest’ambito tornare a studiare Cosmologia. Vorrei fare altre esperienze all’estero perché il mondo va molto veloce e il modo per noi giovani di stare al passo è essere più internazionali possibile. Al tempo stesso, intendo portare avanti l’attività di divulgazione nei canali che sono possibili: in questo periodo ci sono un po’ meno eventi, ma sono fiduciosa nella scienza e nei vaccini, quindi spero che la situazione possa tornare presto alla normalità. Se si presenteranno nuove avventure e sfide, le accoglierò a braccia aperte».
E i voli interplanetari?
«La ciliegina sulla torta un domani sarebbe partecipare alle selezioni per diventare astronauta dell’Esa, ma in questo momento non è il mio obiettivo principale. Le condizioni per provarci sono la laurea magistrale e almeno tre anni di esperienza: di solito chi si propone ha intorno ai 30-35 anni, l’età in cui ci sono arrivati anche Samantha Cristoforetti e Luca Parmitano».
È un tipo di percorso più difficile per una donna?
«Adesso no. Il luogo comune che donne e scienza siano due mondi opposti era radicato nella generazione precedente, mentre se dico a chi ha la mia età o è più giovane che studio Fisica non si crea alcuno scalpore. Credo che la mia sia una generazione di transizione, in cui si completa il passaggio: per la successiva sarà la normalità».
Ha un mito?
«Il mio primo modello è stata Margherita Hack. Quando ero alle medie a volte la chiamavo su Skype e nella nostra ultima conversazione, nel 2013, le spiegai che avrei intitolato la mia tesina come il suo libro “Vi racconto l’astronomia”. Le dissi che le avrei fatto sapere il risultato e lei rispose: Se ci sarò ancora, volentieri. Non c’è n’è stato il tempo. Un’altra fonte di ispirazione è Sa­mantha Cristoforetti. Quan­do è stata selezionata, prima donna italiana astronauta dell’Esa, ho pensato: “allora ci posso provare anch’io”».
È un periodo di grande attenzione verso lo spazio: perché?
«Stiamo vivendo gli albori di una nuova era d’oro per l’esplorazione spaziale. Dopo l’allunaggio, l’attività è proseguita con missioni robotiche su altri pianeti, che hanno smorzato un po’ l’entusiasmo: sapere che un essere umano è su altro corpo celeste fa più effetto rispetto a un robot. Ora, con Elon Musk e SpaceX si sta riaccendendo l’euforia: è di pochi giorni fa l’annuncio che è previsto l’arrivo della prima donna sul suolo lunare entro il 2024».
Cosa ha provato quando Ingenuity ha volato su Marte?
«È indescrivibile a parole: dal punto di vista scientifico, far volare un drone elicottero su un altro pianeta è un risultato straordinario, ma l’aspetto che più mi emoziona è pensare che dietro ci sia sempre e solamente l’uomo».
Vorrebbe andare su Marte?
«Sono convinta che la Terra sia in assoluto il pianeta più bello di tutto l’universo e forse mi piacerebbe di più la Luna, perché credo che vedere la Terra dal satellite sia qualcosa di eccezionale, che fa rendere conto di quanto piccolo sia il nostro pianeta rispetto al co­smo. Un senso di bellezza e fragilità».

Adriana Riccomagno