«L’arrivo del giro deve rappresentare un punto di partenza»

«La “corsa rosa” assicura una visibilità mondiale e sono sicuro che la città di Canale, molto legata al ciclismo, cercherà in tutti i modi di fare il bis»

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Il Giro d’Italia a Canale. È stato piacevolissimo dar la notizia in anteprima in Rai, quel che si dovrebbe definire uno scoop, realizzato grazie agli ami­ci del “borgo”. È stato piacevolissimo per chi, come me, ha corso in bicicletta con la scritta “Canale” sulla maglia. La ma­glia glo­riosa della Barbero: fine anni Ses­santa, vittorie e sconfitte di gioventù in anni beati e splendidi. Un solo marchio, Bar­bero. E la città. Nessun altro sponsor.

Ma non basta. Piacevolissimo annunciarlo es­sendo anche Cavaliere del Roero, non devo mai dimenticarlo. Ma non basta an­cora. Sembra quasi che il Giro venga a Ca­nale anche per lanciare il mio libro “Lan­ghe e Roero in bicicletta, i percorsi di campioni e illustri personaggi”. Ovviamente scherzo, è una battuta ma anche una splen­dida coincidenza per valorizzare que­ste amate terre.
A Canale venne anche Fausto Coppi, una sera, a dare il via ad un circuito notturno dedicato ai giovani e che vinse Italo Zilioli, l’ultimo campione del Piemonte prima che arrivasse Filippo Ganna.

A Canale passò in maglia rosa per la prima volta nella vita Franco Balmamion, nel ’62. L’aveva indossata il giorno precedente a Ca­sale Monferrato con un colpo di mano che già appartiene alla storia del ciclismo. E da Casale e poi Asti, il Giro transitava da Canale con un ricco traguardo volante pro­prio a Valpone, davanti agli stabilimenti della Barbero. La tappa arrivava a Frabosa, sulle montagne cuneesi. Balmamion fece un po’ di fatica a conservare la maglia rosa ma ci riuscì, vinse il Giro, lo rivinse la stagione successiva, nel ’63 ed ancora oggi è l’ultimo campione italiano ad aver vinto due Giri d’Italia consecutivi, impresa fallita per una serie di circostanze avverse da Gi­mondi e Motta, Moser e Saronni, sino a Pantani.

Quante storie ci sarebbero da raccontare, quante ne ho raccontate in una vita intera fra le biciclette.
Da Canale verso Montà pe­dalò con profitto in salita, per l’ultima volta nella vita, Serse Coppi, ignaro di quel che sarebbe accaduto nelle ore successive: la caduta in corso Casale a Torino, abbastanza banale, il mal di testa sempre più forte, l’emorragia cerebrale, la fine. Era il 29 giugno 1951, Giro del Piemonte. Fausto stravolto, quella sera a Torino voleva smettere di correre. Una tra­gedia assurda.
E a Canale ha rischiato di diventare una sorta di cittadino onorario anche Fran­cesco Moser. Eravamo a metà esatta degli anni Settanta, la sua squadra, la Filotex stava chiudendo, cercava un nuovo sponsor. Le trattative per far debuttare la famiglia Barbero tra i professionisti erano av­via­tissime, Moser aveva 24 anni, pochi gior­ni dopo avrebbe vinto il primo Giro di Lombardia, avrebbe poi centrato in rapida successione il Mondiale dell’Inseguimento (quello di Ganna, per intenderci) e poi tre Roubaix consecutive.

Ero stato il regista dell’operazione grazie all’amicizia con Emilio e Bruno Barbero, era venuto a Canale Valdemaro Bartolozzi, mancato da poco, fra i più bravi direttori sportivi di sempre e che guidava Moser. Ave­va illustrato con precisione il progetto, stava per nascere la Barbero-Campagnolo. Ma Teofilo Sanson, che già era stato nel ciclismo, che ben conosceva il valore pubblicitario dell’operazione al di là della passione, bruciò in volata Barbero e nacque invece la Sanson-Campagnolo: peccato.

Il ciclismo comunque non è mai mancato a Canale e dintorni, è sufficiente ricordare il Gran Premio del Roero dedicato ai giovani, che per anni e anni gli amici Piero Sac­chetto e Bruno Barbero hanno organizzato con la consueta bravura e signorilità.
Ma adesso arriva il Giro d’Italia, un fatto di costume e non soltanto una corsa in bicicletta, lo ripeto da una vita, un evento nato col Novecento, prima edizione 1909, e che continua a suscitare entusiasmo fra la gen­te anche nel terzo millennio.
Ha scritto nel tempo pagine indelebili di sto­ria del nostro Paese, è la festa di maggio, come scrivevano i cantori di un tempo. E non dovrà essere un punto d’arrivo per Canale, dopo tanto ciclismo, bensì un pun­to di partenza.
Perché la gente, il giorno del Giro, si renderà conto della visibilità che l’evento offre nel mondo intero, di quel che rappresenta da ogni punto di vista. E cercherà in tutti i modi di fare il bis.