Difficile indicare un chiaro favorito alla conquista di questo Giro d’Italia, e non certo per la mancanza di pretendenti accreditati. Anzi: la lista di candidati alla maglia rosa è lunga e prestigiosa, eppure tutti i big si avvicinano alla “grande partenza” di Torino con un bagaglio di incertezze pesante almeno quanto le rispettive ambizioni. A cominciare da Egan Bernal che, pure, è indicato come l’uomo da battere: all’inizio della scorsa stagione ci sarebbero stati effettivamente pochi dubbi attorno ad un ragazzo capace di vincere il Tour de France a soli 22 anni, impresa riuscita al fenomenale scalatore di Zipaquirá nel 2019. Ma il 2020 è stato un anno di grande sofferenza per il colombiano della Ineos, vittima di un mal di schiena cronico che ha presentato il conto proprio alla “Grande Boucle”, costringendolo al ritiro. Successivi accertamenti hanno rivelato la causa del problema: una gamba impercettibilmente più corta dell’altra.
Nonostante ciò il 2021 di Bernal era comunque iniziato in modo incoraggiante, con il secondo posto al Trofeo Laigueglia e soprattutto il terzo alle Strade Bianche. Ma già alla Tirreno-Adriatico è tornata ad alzarsi qualche ombra perché, al di là di un discreto quarto posto finale, Egan non ha tenuto le ruote dei migliori in salita ed è andato piuttosto piano anche a cronometro. Soprattutto, dopo la “corsa dei due mari” è letteralmente sparito dai radar, rinunciando anche alla prevista rifinitura al Tour of the Alps dove, invece, abbiamo visto all’opera il suo vice designato, il russo Pavel Sivakov, a sua volta apparso ancora poco convincente. Tornando a Bernal, il via dal Piemonte sarà per lui come un ritorno a casa, avendo abitato nel Canavese nei primi anni da professionista, alla corte della Androni Giocattoli del torinese Gianni Savio. Ma quasi due mesi senza corse non rappresentano certo la migliore marcia di avvicinamento ad una gara lunga e impegnativa come il Giro. E che dire, allora, di Remco Evenepoel? Il ragazzino terribile (classe 2000, dominatore incontrastato tra gli “juniores” e subito vincente, a nemmeno vent’anni, anche tra i professionisti: basti citare una Clásica di San Sebastián, un titolo europeo a cronometro e diverse gare a tappe minori) è indicato da più parti come il nuovo Eddy Merckx, ma non corre da agosto dell’anno scorso, in seguito alla paurosa caduta giù da un ponte al Giro di Lombardia che gli provocò la frattura del bacino e una contusione al polmone destro. Un volo che poteva costargli la vita e che, di certo, ne ha comunque messo a rischio la carriera. Eppure, eccolo qui, pronto, a 21 anni, a fare il suo esordio in una grande gara a tappe dopo nove mesi di inattività, e senza sapere minimamente dove arrivare. Insieme ad Evenepoel, alla Deceuninck, ci sarà anche un altro giovane niente male, il portoghese João Almeida, rivelatosi proprio all’ultimo Giro d’Italia, pedalato per due settimane in maglia rosa e chiuso poi al quarto posto: molto forte a cronometro e sui percorsi misti, ha un gran carattere ma deve migliorare sulle lunghe salite. Al contrario Jai Hindley, altra sorpresa dell’ultima “corsa rosa” chiusa addirittura in seconda posizione, ha il proprio tallone d’Achille nelle cronometro che, per sua fortuna, quest’anno saranno solo due e piuttosto brevi. Chiamato ad una non facile riconferma, il 25enne australiano confiderà anche nell’esperienza del suo nuovo compagno di squadra, Romain Bardet, due volte sul podio del Tour.
Quanto a Simon Yates, il britannico della BikeExchange ha dominato il Tour of the Alps ed è probabilmente colui che si presenta al via con la forma migliore, ma dovrà dimostrare di riuscire a tenere sulle tre settimane: come dimenticare infatti la sua cotta sul Colle delle Finestre al Giro 2018 che, fino a quel momento, aveva dominato vincendo tre tappe e vestendo per tredici giorni consecutivi la maglia rosa? Quello stesso anno venne anche il successo alla Vuelta a España ma, da allora, Yates non è mai più stato in grado di lottare per un risultato di peso in un grande giro. Restando nella stessa squadra c’è Esteban Chaves, secondo nel 2016 ma da allora assillato da un’infinità di problemi fisici che gli hanno permesso di esprimersi solo a tratti. Un eterno incompiuto è anche lo spagnolo Mikel Landa (Bahrain), scalatore puro dalla classe cristallina ma dalla testa fragile, e spesso sfortunato: terzo nel 2015 dietro a Contador e al compagno Aru, giù dal podio del Tour per appena un secondo nel 2017, ha sempre trovato in squadra qualcuno pronto a fargli le scarpe, l’ultimo della serie Carapaz, sorprendente vincitore al Giro di due anni fa. E chissà che, questa volta, a rompergli le uova nel paniere non possa essere il connazionale e quasi coetaneo Pello Bilbao? Già sesto nel 2018 e quinto nel 2020, vincitore di due tappe nel 2019 quando però non curò la classifica, si tratta del classico outsider in grado di sfruttare una situazione a lui favorevole, tanto più che il coraggio per attaccare, anche da lontano e magari in discesa, non gli è mai mancato.
Da seguire con estremo interesse è Aleksandr Vlasov, 25enne russo già vincitore di un Giro Baby nel 2018, il cui debutto alla “corsa rosa”, lo scorso anno, è durato pochissimi chilometri, essendosi ritirato alla seconda tappa per un malessere intestinale tanto forte quanto improvviso. Il terzo posto al Lombardia e la vittoria al Giro dell’Emilia ci dicono di un corridore forte in salita, che dovrebbe quindi beneficiare di un percorso con tante montagne e poca crono: e poi corre all’Astana, alla corte di Beppe Martinelli, gente che sa come si vince una corsa a tappe.
Altri nomi da tenere d’occhio sono quelli del britannico Hugh Carthy della Education First, terzo all’ultima Vuelta; dell’irlandese Daniel Martin, vincitore in carriera di una Liegi e un Lombardia e, a sua volta, quarto al Giro di Spagna 2020; del campione neozelandese George Bennett, vincitore la scorsa stagione del Giro del Piemonte proprio sulle strade di Langhe e Roero; del tedesco Emanuel Buchmann (Bora-Hansgrohe), quarto due anni fa al Tour ma reduce da un ultimo anno a dir poco orribile; e dello spagnolo Marc Soler (Movistar), corridore sicuramente talentuoso, ma dal carattere fumantino e incostante. Chi sicuramente non farà classifica ma, altrettanto certamente, saprà far parlare di sé è Peter Sagan: il fuoriclasse slovacco torna per il secondo anno consecutivo al Giro, dove lo scorso ottobre si impose alla grande nella tappa di Tortoreto Lido, riscattando così una partecipazione altrimenti sottotono, ed è lecito aspettarsi da lui almeno un altro lampo di classe lungo le tre settimane.
Possibili sorprese impronosticabili alla vigilia? Tra i giovani, da citare il belga Harm Vanhoucke (Lotto Soudal), il francese Clément Champoussin (Ag2r Citroën) e l’ultima scoperta del “Principe” Savio, l’ecuadoriano Jefferson Cepeda (Androni Giocattoli). Attenzione anche ad un paio di vecchie volpi come l’austriaco Felix Großschartner che, alla Bora, potrebbe guadagnare sulla strada i gradi di capitano in caso di défaillance di Buchmann; e all’olandese Bauke Mollema (Trek), vincitore di un Lombardia e di una Clásica di San Sebastián e già diverse volte tra i primi dieci di un grande giro che, tuttavia, dovrebbe essere calato in Italia pensando più alle tappe che alla classifica.
Già, ma gli italiani? Le maggiori speranze per la classifica poggiavano, per l’ennesima volta, sulle spalle di Vincenzo Nibali, però il siciliano, più ancora che con i 36 anni, deve fare i conti con una piccola ma intempestiva frattura ad un polso che ne ha pregiudicato la preparazione. Sempre in Trek-Segafredo, allora, spazio allo scalatore abruzzese Giulio Ciccone, pronto a mettere da parte un 2020 segnato dal Covid-19 e a fare il definitivo salto di qualità: una buona top ten deve essere il suo obiettivo minimo, mentre per Domenico Pozzovivo (Qhubeka) un altro piazzamento nei dieci, a 38 anni, sarebbe sensazionale. Vanno forte in salita, ma non si sa quanto spazio potranno avere per le loro ambizioni, Fausto Masnada della Deceuninck, Damiano Caruso della Bahrain, Matteo Fabbro della Bora e Davide Formolo della Uae, formazione per cui milita anche Diego Ulissi che, risolti i problemi cardiaci di inizio stagione, punterà con decisione a quelle tappe che più somigliano a delle piccole classiche. Alessandro De Marchi (Israel) è invece una garanzia quando si tratta di lanciarsi nelle fughe. Numerose sono poi le frecce al nostro arco per le volate: su tutti gli ex campioni europei Elia Viviani (Cofidis) e Giacomo Nizzolo (Qhubeka), ma anche Matteo Moschetti (Trek) e Andrea Pasqualon (Intermarché), che dovranno vedersela soprattutto con l’australiano Caleb Ewan (Lotto Soudal), il belga Tim Merlier (Alpecin-Fenix) ed il colombiano Fernando Gaviria (Uae). Discorso a parte per Dylan Groenewegen (Jumbo-Visma), che tornerà alle gare proprio al Giro dopo aver scontato i nove mesi di squalifica subita per aver causato la drammatica caduta del connazionale Jakobsen al Giro di Polonia dell’anno scorso.
Tornando ai nostri, la vera “vedette” della spedizione italiana rischia di essere ancora una volta Filippo Ganna, grande favorito alla conquista della prima maglia rosa nella cronometro di Torino, specialità di cui è campione del mondo in carica. E restando in casa Ineos, attenzione anche a un Gianni Moscon rigenerato dalle due vittorie di tappa al Tour of the Alps e capace, quando in giornata, di andare forte praticamente su tutti i terreni.