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I lavoratori di Roccavione che hanno rilevato la propria azienda: «Abbiamo scommesso sulle nostre competenze per darci un futuro»

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«Abbiamo messo al primo posto la trasparenza, coscienti del fatto che stavamo chiedendo ai nostri colleghi di rischiare al nostro fianco. Per questo non abbiamo forzato nessuno. Una volta creata la cooperativa si è semplicemente detto: “chi sale sulla nave che riparte, lo fa ora o mai più”. E così è stato».

Delle tante prospettive da cui si può iniziare a raccontare la storia della Cartiera Pirinoli di Roccavione., noi abbiamo scelto le parole con cui l’attuale presidente Silvano Carletto (primo da destra nella foto sotto, in cui si riconoscono, da sinistra Ferdinando Tavella e i due organizzatori del Premio Ancalau, Silvio Saffirio ed Ettore Secco) ha riassunto uno dei momenti più delicati, ma anche più emozionanti della “seconda vita” che hanno regalato a un’azienda storica del Cuneese, la quale nel 2012, prima della crisi che ne ha messo a repentaglio la sopravvivenza, fatturava 55 milioni di euro e dava lavoro a 150 dipendenti. All’epoca Silvano Carletto era direttore di stabilimento. Perito elettrotecnico, aveva ricoperto tutti i ruoli all’interno del processo produttivo. «Dopo un tentativo non andato a buon fine da parte di una cordata di imprenditori, l’azienda è stata messa in mano a una società che si occupa di gestire queste fasi e traghettare verso un concordato o una soluzione simile», spiega Carletto, per poi aggiungere: «Proprio in quella fase a me e al direttore amministrativo dell’epoca, Ferdinando Tavella, ora vicepresidente, ci è stato detto: perché non provate voi lavoratori a rilevare la Cartiera?».

E così vi siete scoperti imprenditori…
«Non avevamo alternative per tenere in piedi un’azienda importante anche per il territorio. Le nostre sono professionalità che si possono spendere in una Cartiera. Abbiamo parlato tra di noi in modo chiaro e ci siamo detti che era fattibile. Il percorso è stato lungo. Io e il collega siamo andati dalla banche, ci abbiamo messo la faccia chiedendo un impegno d’onore. Alla fine, però, la cosa più importante era avere gli altri lavoratori al nostro fianco. Dopo due ulteriori anni di ricerca di finanziamento, trovando il sostegno dell’Amministrazione comunale, ma anche di Provincia e Regione e di LegaCoop, siamo riusciti a ripartire, dando come garanzia più grande il nostro impegno».

Il momento più difficile?
«A fine 2014 il progetto stava per naufragare. Ma io sono un montanaro e il collega è calabrese: abbiamo la testa dura…».

Quando avete capito di avercela fatta?
«A settembre del 2015 siamo partiti, e dopo un po’ di cassa integrazione sino a novembre, non ne abbiamo più fatta, riconquistando il mercato poco alla volta. Eravamo certi che il nostro cartone fosse competitivo; restava il dubbio sull’equilibrio economico e abbiamo rinunciato al 20 per cento dello stipendio per 3 anni. Lo scopo primario della nostra cooperativa, che impiega 91 persone (76 soci e 15 dipendenti) è mantenere e migliorare il posto di lavoro, non solo aumentare i profitti; per questo investiamo risorse per far crescere l’azienda».