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«Le mie bambole hanno il pregio di essere una cura»

La saviglianese Giorgia Pironi si è appassionata di creazioni “reborn”, del tutto simili ai neonati

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Le bambole, il gioco senza tempo per eccellenza. Chi lo ha detto che un semplice gioco non possa anche diventare qualcosa di più? Siamo andati a sondare questa eventualità, parlando con Giorgia Pironi, saviglianese di 48 anni, con una grande passione per la creazione di “bambole reborn”.

Giorgia, in che cosa consiste il suo hobby?
«Creo bambole simili ai bambini veri. Il materiale, i dettagli, i tessuti e i lineamenti, so­no tanto studiati da ricordare a tutti gli effetti un neonato».

Da cosa nasce questo suo forte interesse?
«Sono una collezionista di bambole antiche e la bambola in sé è sempre stata nel mio io femminile. Per ca­so, navigando in Internet, molti anni fa, ho trovato queste bam­bole collezionabili, ma erano presenti quasi esclusivamente al­l’e­stero. Fa­cendo una ri­cerca, ho scoperto che a­vrei potuto crearle io stessa. L’unico corso di­spo­nibile era però presentato in lingua originale. Ci ho mes­so circa un anno a tradurre il testo, per poi passare alla parte manuale. A quel punto l’entusiasmo nel vedere le mie creazioni prendere vita, mi ha spinta a svolgere dei corsi, come insegnante».

Qual è la particolarità delle sue bambole?
«La particolarità sta nel fatto che queste piccole creature possono diventare a tutti gli effetti una vera e propria cu­ra. Sono stati portati a termine molti studi sull’utilizzo della bambola come cura per la demenza e l’Alzheimer, ispirati alla teoria dell’attaccamento formulata dallo psicologo John Bowlby. La mia è e rimane una passione a tutti gli effetti. Non voglio ricavare nulla dalle mie creazioni, mi interessa che possano diventare un esempio per altri e contribuire a fare del bene».

Lei ha quindi donato bambole a tale scopo?
«Si, è stata un’esperienza in­credibile. Ho donato delle bambole in una Rsa, a un’anziana signora con l’Alzhei­mer. Pochi giorni dopo aver consegnato la bambola, mi hanno chiamato gli educatori della struttura, comunicandomi che la signora rivedeva nella bambola il figlio, gli parlava e comunicava con lui, più di quanto non facesse con gli adulti».

Possono avere altri scopi a livello di terapia?
«Mi è capitato di avere richieste anche da parte di alcune donne che avevano dovuto patire la perdita di un figlio nei primi mesi dalla nascita. Questa bambola ha dato loro la forza di andare avanti. Io, personalmente, non ho co­noscenze in merito e non so se realmente può avere un risvolto positivo nella vita di queste donne, ma quando mi è stato chiesto, non ho avuto il coraggio di rifiutare».

C’è anche chi pensa siano troppo impressionanti?

«Sì. Effettivamente assomigliano molto a dei bambini veri, ma non devono creare impressione. Sono soltanto bambole più realistiche dei classici bambolotti di plastica, e rappresentano, in maniera scrupolosa le fattezze umane. Basta prenderli in brac­cio per capire che di orrido non hanno nulla; trasmettono una immensa dolcezza».

Quanto tempo dedica alle creazioni?

«Non moltissimo, ma non perché non ne abbia voglia, anzi! Dedico poco tempo perché non voglio far sì che di­venti un lavoro vero e proprio. Se così fosse, sono sicura che la passione perderebbe di interesse e di fascino».

Quanto tempo ci vuole per un’opera finita?
«Una volta acquistato il kit base per l’assemblaggio, ci vogliono circa 20 ore di lavoro. Se la bambola ha i capelli, allora le tempistiche raddoppiano, perché ogni ciuffo viene inserito tramite aghi appositi. La colorazione, an­ch’essa fatta a mano, richiede tempi di asciugatura lunghi, tra una posa e l’altra».

A parte l’uso terapeutico, chi cerca le sue bambole?
«È capitato che me le chiedessero attività commerciali, per collocarle nelle proprie vetrine, oppure donne appassionate di collezionismo».

Secondo lei può essere utilizzato come giocattolo?
«Diciamo di sì. La bambola che mi viene chiesta come giocattolo ha però delle caratteristiche differenti da quelle per uso terapeutico o da collezionismo. Non tutti i bambolotti creati per i bambini, all’interno non contengono le microsfere di cristallo, che servono per dare peso reale alla bambola. Il gioco del bambino potrebbe creare una caduta degli arti con svuotamento del peso, ed essere pericoloso».

BaNNER
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