Quanti medici devono esserci? Quanti infermieri? In che sedi devono operare? E che caratteristiche deve avere ogni spazio? A queste domande ha risposto Marco Aragno, direttore sanitario del Centro Medico Della Valle-Gruppo Bios di Alba, da tempo in prima linea, come tutti i centri del Gruppo Bios in Granda, nella lotta contro il Covid.
Si sente da più parti parlare di hub, punti vaccinali territoriali: quali sono le caratteristiche richieste a tali centri?
«I centri nascono per contribuire ad incrementare la capacità vaccinale sul territorio. Attualmente sono in discussione diverse strategie e ipotesi organizzative per l’implementazione dell’offerta: strategie che riguardano anche luoghi di lavoro diversi da quelli sanitari, in modo da consentire la più rapida somministrazione dei vaccini disponibili, con le priorità indicate dal Ministero della Salute, al fine di contrastare la diffusione del virus e, auspicabilmente, porre fine all’attuale fase di emergenza sanitaria».
La vostra specializzazione nella medicina del lavoro, sollecitata dai vostri stessi clienti vi ha indotto a supportare le aziende. In che modo?
«Dal punto di vista legislativo, il Protocollo nazionale per le vaccinazioni in azienda punta al coinvolgimento delle realtà produttive presenti sull’intero territorio al fine di concorrere alla rapida realizzazione della campagna vaccinale. Le imprese potranno dunque sostenere, questa campagna vaccinale con due modalità: direttamente, offrendo gli spazi aziendali dislocati nei diversi territori come punti di vaccinazione aggiuntivi e impegnandosi alla vaccinazione diretta del personale consenziente, dei loro famigliari e fornitori. Oppure, indirettamente, attraverso il ricorso a strutture sanitarie private come appunto il nostro Gruppo Bios».
Quali i vantaggi e i rischi nel primo e nel secondo caso?
«La vaccinazione diretta negli spazi aziendali prevede che i datori di lavoro, anche per il tramite delle rispettive organizzazioni di rappresentanza, propongano il piano aziendale di vaccinazione all’Azienda Sanitaria di riferimento, specificando il numero di vaccini necessari. Naturalmente i costi per la realizzazione e la gestione dei piani aziendali, ivi inclusi i costi per la somministrazione, sono interamente a carico del datore di lavoro. A ciò si aggiungano ulteriori spese come il supporto fornito dal medico competente che dovrà informare i lavoratori sui vantaggi e sui rischi connessi alla vaccinazione e sulla specifica tipologia di vaccino; acquisire il consenso informato dei vaccinandi; effettuare il triage preventivo relativo allo stato di salute oltre a registrare le vaccinazioni eseguite mediante gli strumenti messi a disposizione dai Servizi Sanitari Regionali.
La seconda possibilità consente ai datori di lavoro di rivolgersi a strutture sanitarie private.
In questo caso il centro prescelto è tenuto a curare tutti i necessari adempimenti che consentano la somministrazione, ivi compresa la registrazione delle vaccinazioni eseguite mediante gli strumenti messi a disposizione dai Servizi Sanitari Regionali».
Le imprese, come dimostrano le attestazioni raccolte dalla Confidustria, sono ben disposte ad attivare un centro vaccinale al proprio interno…
«Disponibilità ma anche consapevolezza delle criticità da affrontare. Le aziende sono collaborative ed intendono adoperarsi per mettere in sicurezza i propri dipendenti e fornitori, desiderano farlo bene, ma le norme a cui attenersi sono rigorose: debbono attrezzare ambienti separati da quelli produttivi per ognuna delle tre fasi, accettazione, inoculazione e attesa. Per queste ragioni diverse aziende preferiscono appoggiarsi a strutture esterne attraverso particolari convenzioni. Anche perché, non possiamo certo dimenticarlo, le tessere da incastrare sono ancora tante, compresi i costi da sostenere che sono comunque onerosi. Naturalmente, l’effettiva partenza della vaccinazione aziendale è condizionata alla disponibilità dei vaccini».
Che non sono poi così facilmente gestibili…
«Esatto. Per i centri vaccinali aziendali critici sono poi, gli aspetti correlati alla logistica, all’approvvigionamento, al trasporto, allo stoccaggio dei vaccini (consideriamo i -70° previsti per il Pfizer!), alla preparazione e alla inoculazione dei vaccini; in loco devono essere presenti sia delle attrezzature per le emergenze e personale in grado di utilizzarle sia un’ambulanza e/o un pronto soccorso a breve distanza dal luogo di lavoro o dal sito in cui si effettuano le vaccinazioni. Fattori senza dubbio non di facilissima gestione».
Alla luce di questa pandemia è nata dottor Aragno, la nuova figura del Covid manager. Di cosa si tratta?
«Contrastare il rischio contagio, far rispettare le regole di sicurezza, stabilire e gestire piani aziendali volti a ridurre i rischi di contagio: questi sono gli impegni che un’azienda deve assumersi per far fronte alla pandemia da Sars-CoV-2. Negli ultimi tempi infatti sono molte le aziende che hanno deciso di formare una figura di riferimento per coordinare l’applicazione delle misure anticontagio. Di solito, viene individuata nel datore di lavoro (soprattutto per le micro e piccole imprese), nel Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione o in un soggetto che è parte della direzione».