L’errore più grosso che si può commettere quando si parla del sito Unesco dei paesaggi vitivinicoli piemontesi è ridurre il riconoscimento a un semplice “bollino” di qualità. Nulla di più sbagliato, perché i paesaggi del vino sono un’espressione concreta dello spirito e dei valori degli uomini e delle donne che hanno contribuito e contribuiscono a farli vivere. Rappresentano, in sostanza, il volto di una comunità. Anzi, delle comunità, visto che nel mondo sono più di una le comunità, appunto, i cui tratti sono espressi dal paesaggio vitivinicolo di riferimento. Il direttore del sito Unesco di Langhe, Roero e Monferrato, l’albese Roberto Cerrato, le ha unite idealmente nel contesto di una ricerca, pubblicata nei giorni scorsi, che aiuta a conoscere e riconoscere i territori del vino patrimonio mondiale dell’umanità, nell’ottica di possibili collaborazioni future volte a combattere le avversità conseguenti al cambiamento climatico. Tutto ciò immaginando quindi che questi luoghi Unesco possano, un giorno non troppo lontano, interagire sia su aspetti culturali che naturalistici. Insomma, per dirla con il gergo tecnico, il processo di internazionalizzazione è stato avviato.
Cerrato, il percorso di internazionalizzazione dei paesaggi vitivinicoli interessa anche quello di Langhe, Roero e Monferrato?
«Assolutamente sì e il fatto che lo studio che ho condotto, patrocinato dall’Unesco e dalla Commissione Nazionale Italiana per l’Unesco e finanziato dall’Associazione delle Fondazioni di Origine Bancaria del Piemonte del presidente Giovanni Quaglia, lo conferma. Il presupposto è quello di pensare che i territori vitivinicoli internazionali siano interconnessi e rigenerativi».
Cosa significa in concreto?
«Significa promuovere il confronto e l’ascolto tra i paesaggi culturali vitivinicoli della Lista del Patrimonio Mondiale attraverso la cooperazione internazionale nel contesto della minaccia comune del cambiamento climatico e in vista di una ricostruzione conseguente alla pandemia, tramite lo scambio culturale e la riaffermazione dell’identità e dell’unicità dei siti stessi».
Qual è il valore aggiunto di queste aree?
«Tali paesaggi simboleggiano l’interdipendenza tra uomo e ambiente, intimamente legati l’uno all’altra; tra natura e cultura, che è anche, in questi contesti, azione di coltivare, fusa alla cultura. Guardando alla saggezza della natura, si comprende poi che le relazioni mutualistiche consentono a diverse comunità di prosperare».
In quale forma questi princìpi emergono nel contesto del volume appena pubblicato?
«Il libro, per la cui realizzazione ringrazio in particolare Marta Brero e Luciano Martire, rappresenta un’utile documentazione e un prezioso ponte per riunire le amministrazioni pubbliche, gli specialisti del patrimonio e altre parti coinvolte in una situazione di dialogo e apprendimento. Tale situazione si traduce in condivisione di conoscenze, buone pratiche e apprezzamento per il patrimonio locale e mondiale, per l’avvio, come si diceva prima, di un percorso di internazionalizzazione dei paesaggi vitivinicoli di Langhe, Roero e Monferrato».
Qual è la sfida che attende i paesaggi del vino?
«La sfida è quella legata alla tutela dell’ambiente; purtroppo, non siamo in anticipo sui tempi, anzi, siamo piuttosto in ritardo, ma mai come oggi la chiamata ci deve trovare tutti pronti per il bene del pianeta e per l’amore nei confronti dei nostri rispettivi territori. Senza la campagna, quella con la “c” maiuscola, la più autentica, mancherebbe ogni riferimento di normalità. Una normalità fatta di ritmi scanditi dalle campane che si odono provenire da quei borghi che hanno rappresentato il vero punto di forza della nostra candidatura. L’essenziale è credere che un mondo pulito sia possibile e per questo dobbiamo tutti fare la nostra parte».
Le sfide del sito piemontese?
«Grazie alla disponibilità del Consiglio di Amministrazione dell’Associazione che gestisce il sito, presieduto da Gianfranco Comaschi e completato dalla vice Annalisa Conti e dal consigliere Giuseppe Rossetto, si sta portando avanti un lavoro serio e proficuo. Solo guardando alle iniziative più recenti, segnalo il progetto che analizza il prezioso ruolo svolto in vigna dai lavoratori stranieri e quello sui mutamenti climatici, finanziato dal Ministero della Cultura, che sta per entrare nel vivo. A ciò si aggiungono poi numerose collaborazioni e il gemellaggio con i paesaggi terrazzati del riso di Honghe Hani, in Cina. Tanto si è fatto, ma ancora molto resta da fare. Perché la cura del nostro tesoro guarda all’infinito».