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«La lentezza? È un contenitore di felicità»

“A tu per tu” con il professor Paolo Pileri, tra i protagonisti delle conferenze di Cuneo

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Grande successo per TEDxCuneo, la prima edizione cuneese del format statunitense TED (Te­chnology Entertainment De­sign), ovvero una serie di conferenze gestite dall’organizzazione privata “no profit” Sapling Foundation. L’even­to, organizzato da Davide Bonino e con il patrocinio del Comune di Cuneo, è andato in scena sabato 15 maggio in diretta streaming dall’Audito­rium del Foro Boario del capoluogo cuneese. Tra gli otto relatori che si sono susseguiti sul palco, anche il professor Paolo Pileri, docente di pianificazione e progettazione urbanistica al Politecnico di Milano. Ideatore e responsabile scientifico di “Vento”, un progetto di territorio attraverso una dorsale cicloturistica tra Venezia e Torino lungo il Po (www.progetto.vento. polimi.it), negli anni è stato autore di oltre 200 tra articoli e libri sulla pianificazione urbanistica e ambientale e la mobilità sostenibile. Proprio dall’ultimo dei suoi libri, “Progettare la lentezza”, il professor Pileri ha articolato il proprio intervento per TEDxCuneo, il cui tema era “Festina lente-Affrettati lentamente”.

Qual è la sua “mission”, professionale e personale?

« Prestare voce a chi voce non ha, rispetto a temi quali suolo, biodiversità, lentezza, aree fragili, etc».

Com’è nata l’idea del progetto “Vento”?
«È nata per proporre un’alternativa al solito modello di sviluppo fatto di cemento e asfalto. Siamo convinti che un progetto come “Vento” possa rigenerare interi territori e dare tanta occupazione con un’idea e un’infrastruttura semplice e leggera».

Ad oggi quanto è stato realizzato?
«Poco, purtroppo, però è stato realizzato il progetto di fattibilità per l’intera traccia e sono partiti i progetti e la realizzazione di 4 tronchi da circa 30-40 chilometri l’uno. Speriamo siano pronti per il 2022, Covid e burocrazia permettendo».

Cosa serve per ultimarla?

«Volontà, comprensione po­litica e generosità culturale».

Che significato ha per lei il termine “resilienza”?

«Non del tutto positivo, spiego perché: se la resilienza corrisponde a ripristinare le condizioni e caratteristiche precedenti alla perturbazione, allora secondo me bisogna concentrarsi sulle perturbazioni, più che sulle capacità di riprendersi. Soprattutto se sono perturbazioni antropiche. Esempio: se un cuscino di gommapiuma ripristina la sua forma dopo aver ricevuto i nostri pugni, noi fa­remmo bene a capire che dobbiamo smettere di dare pugni, più che avere un cu­scino capace di riprendersi. Non pensa?».

Ha una sua logica, in effetti. Invece che ragione c’è dietro al suo considerare la lentezza un diritto?
«I benefici che la lentezza può dare a tutti sono tanti e migliorerebbero di molto la qualità di vita di chi la pratica. Perché escludere i cittadini da tutto ciò? Perché lasciarli solo a una minoranza? Se ci pensiamo bene, la lentezza è un contenitore di felicità. Questa lentezza però ha bisogno di linee di sentieri, di ciclabili. Bisogna investire su questo tipo di infrastrutture, perché solo così può esserci il “viaggio”. La lentezza non è una penalità per un paese, bensì un vantaggio, solo che siamo un po’ troppo ossessionati dalla velocità. Nel “lockdown” abbiamo desiderato passeggiare, andare al parco… Senza nominarla, ma abbiamo desiderato la lentezza. La nostra vita si è riempita sempre più di cose da fare, riceviamo un sacco di notifiche, una dietro all’altra, ma la sera ci sembra che ancora ci manchi il tempo. Tutta questa tecnologia non ha migliorato la nostra gestione del tempo, ogni sera è carestia di tempo. Dobbiamo esercitare il nostro sguardo attraverso la lentezza per conoscere il mondo che abbiamo attorno e apprendere che da ciò che ci circonda possiamo capire noi stessi, scoprire gli altri ed essere felici. In questo modo si recupera in parte la relazione con il tempo, con le persone e con gli oggetti e si scopre magari che passeggiando in una zona senza campo (telefonico), ma con il campo (terreno) noi stiamo benissimo».

Che esperienza è stata TEDxCuneo?

«Bellissima. Ognuno di noi ha conosciuto meglio se stesso, ha imparato ad ascoltare e a mettere a disposizione di tutti i propri saperi. Abbiamo imparato che esiste un gruppo di cittadini volontari meravigliosi e abbiamo conosciuto altre persone impegnate per un futuro migliore in tanti altri campi e discipline, scoprendo sorprendenti punti in comune. Da questa esperienza sono cresciuto».

Che invito farebbe alle generazioni attuali e future?

«Leggere, leggere, leggere e pensare con la propria testa. Per farlo, occorre tenere sempre piena la cassetta degli attrezzi culturali con cui vediamo il mondo vicino e lontano. Appassionarsi e dedicarsi con lealtà alla cosa comune».