«La nostra ricetta? Idee e passione»

Fiorenzo Cravetto illustra la linea editoriale e gli obiettivi della Nuova Gazzetta di Saluzzo

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La Nuova Gazzetta di Saluzzo, settimanale di informazione profondamente le­ga­­­­­to alla “città del Mar­che­sa­to”, è nata nel 1955. Nel tem­po ha cambiato veste più vol­te, passando dall’edizione bi­settimanale a quella settimanale. Oggi copre un’area piut­tosto vasta che va dal cuore di Sa­luzzo ai paesi limitrofi. Ab­bia­mo conosciuto meglio que­sta realtà colloquiando con il di­ret­tore, Fio­ren­zo Cravetto.

Direttore Cravetto, qual è il com­­pito di un settimanale lo­cale come il vostro?

«Lo dice il nome stesso: la missione è informare su fat­ti, idee, problemi, iniziative e personaggi del territorio di diffusione. Questo non si­gni­fica chiudere gli occhi da­vanti alle vicende nazionali, europee e mondiali. In una di­men­sione sempre più “glocal”, favorita dalla proliferazione di piattaforme digitali, dobbiamo essere bravi a in­ter­pretare la nostra specificità ri­spetto alle dinamiche del­l’in­­­­­ter­nazionalizzazione. Cioè ga­rantire un’informazione di prossimità puntuale e sti­­­mo­lante, che sia anche critica e capace di rispettare il Dna culturale e sociale del ter­­­ritorio con lo sguardo aperto sull’innovazione».

In che modo è evoluto nel tem­­po il vostro modo di fare informazione?
«Le tecnologie sono state de­ci­­sive nel salto di qualità dell’informazione, anche a li­vello locale. Oggi, un giornale di Saluzzo o di Alba ha gli stessi strumenti (sistema editoriale, supporti informatici, rete In­ternet, database, ecc.) del New York Times. A fare la dif­ferenza sono la passione dei re­­­porter locali e le idee del­­­la redazione: mai appiattirsi sul notiziario, ma cercare sem­­­pre lo spunto particolare».

In che modo avete alimentato l’informazione durante il pe­rio­­do di pandemia?

«Abbiamo dato tutte le notizie, anche le più crude, senza intingere la penna nella morbosità. Si è subito capito che il Covid sarebbe stato devastante. Il rischio era di incappare in una cronaca del dolore fine a se stessa, mentre la vita at­torno al virus continuava e an­­dava rappresentata. Siamo quindi stati vicini alle problematiche delle famiglie, della scuola, del lavoro e delle im­prese che dovevano per forza di cose guardare avanti. Bi­so­gnava dare segnali di speranza e, al riguardo, ricordo con emozione l’iniziativa del ra­moscello d’ulivo che abbiamo allegato a tutte le copie della Gazzetta per la Pasqua 2020. La risposta dei lettori è stata immensa e gratificante».

Cosa richiede il lettore?
«Il nostro lettore è at­ten­to, curioso ed esigente. Oltre alla notizia in sé, vuole capire i “per­ché” e i “per co­me”. Rispetto ai quotidiani, noi dobbiamo scavare nel fatto locale non accontentandoci della versione ufficiale o di co­modo. So che al “potere” questo a volte non fa piacere, ma il nostro compito è proprio quello di “disturbare” l’eventuale ma­novratore. I nostri azionisti so­no i lettori e a loro dobbiamo rendere conto».

Quali sono le linee guida della sua direzione?
«La migliore sintesi è il motto che campeggia sotto la nostra testata: vogliamo essere “la libera voce dalle terre del Monviso”. Senza appartenenze politiche, senza condizionamenti da parte di nessun potentato locale. Sul piano fi­nanziario ci alimentiamo con il nostro lavoro e con le inserzioni del vasto sistema di piccole e medie imprese al quale dedichiamo tutta l’attenzione che merita».

I prossimi obiettivi?

«Gli obiettivi sono tanti e tutti riconducibili a un denominatore comune: accrescere la fidelizzazione dei lettori coccolandoli con notizie esclusive e qualche innovazione, tipo giochi, concorsi, piccoli premi. Appena sarà possibile, vorremmo rilanciare la carovana del “Microfono d’Oro”, che piaceva ai giovani e deliziava il resto del pubblico».

Cosa ne pensa dei suoi collaboratori? Quella che lei guida è una squadra unita?

«Nel piccolo, ritengo che la nostra sia una squadra di eccellenza. Non voglio fare nomi, ma sono orgoglioso di poter contare su firme e collaborazioni di prim’ordine, con una preponderanza al femminile che apporta sensibilità e grandi intuizioni».

Qual è l’idea che si è fatto nel tempo sui saluzzesi?

«La prima constatazione è che chi è saluzzese è felice di es­serlo. La storia pesa e il Mar­chesato non si dimentica. Al­l’epoca Saluzzo contava co­me Torino ed era già europea. Ciò detto, il saluzzese sa che non può crogiolarsi nel culto del passato. E la migliore risposta viene da realtà come la Se­da­myl, che partendo da una si­dreria è diventata un colosso mondiale nella produzione di amido; da industrie del territorio quali Burgo, Tonoli, Granda Zuc­cheri, Bitron, Itt, Inalpi, Mon­ge, Bertolotto Por­te, Bus Company; da “startup” come Isiline, eViso, Car­bonteam; dal sistema frutticolo protagonista sulla scena globale e dai brand agroalimentari quali Val­grana, Al­bertengo, Excelsior, Galfrè, Nordsalse, Depetris, Presto­fresco».

In conclusione, quali strategie adotterete sui nuovi canali digitali?

«Siamo presenti con un portale web e gestiamo pagine so­cial. Non ho mai creduto nei siti web generalisti applicati a una testata locale. Però sulla rete aumenteremo presto, a modo nostro: abbiamo in canna un bel colpo. Ma preferisco parlarne a cose fatte».