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L’analisi dei resti animali spesso può aiutare le indagini

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In un’indagine giudiziaria gli elementi in grado di fornire indizi rilevanti possono emergere dagli ambiti più disparati. A quasi ognuno di essi corrisponde una branca della scienza forense, ossia la scienza applicata all’amministrazione della giustizia. In questa occasione ci soffermeremo sulla zoologia forense, che si occupa dell’analisi dei resti di origine animale e può giocare un ruolo determinante nel processo di ricostruzione dei fatti.

Come avviene per le evidenze botaniche, le analisi zoologiche possono essere applicate alla risoluzione di varie questioni. In primo luogo sono fondamentali per determinare la distinzione tra resti umani e animali (processo meno banale e semplice di quel che si potrebbe pensare) oltre che per la ricostruzione del contesto ambientale e poi temporale. Il campo di applicazione più importante resta il primo, perché la distinzione tra resti umani e resti animali è chiaramente un aspetto im­portante per lo sviluppo di un’indagine forense. A seconda dello stato dei resti si possono applicare metodologie diverse, in primis indagini morfologiche e molecolari (riguardanti in particolare il Dna e i suoi derivati). Queste ultime sono particolarmente indicative, ma non sempre possibili; si possono infatti solitamente effettuare sulle parti molli, come il sangue. Sulle parti dure, nel caso in cui non sia possibile fare analisi molecolari, per esempio a causa della carbonizzazione dei resti, è determinante evidenziare la parte scheletrica per distinguere tra essere umano e animale. La struttura dell’osso umano e le sue caratteristiche sono infatti più evidenti di quelle animali. Quando invece ci si trova di fronte a frammenti ossei de­gradati, a fare la differenza possono essere esami di natura istologica.

Può rivelarsi altresì estremamente significativo l’esame sui peli, perché solo in certi mammiferi, tra cui l’uomo, il follicolo è costituito da cheratina. A variare tra quelli u­mani e quelli animali è poi la dimensione e quel che può emergere da un’analisi al microscopio; le diverse componenti del pelo (cuticola, corteccia e midollo) possono variare in maniera significativa: per fare alcuni esempi nell’uomo e in molti mammiferi la base del pelo ha forma quadrangolare, in alcuni roditori o nei pipistrelli le cellule hanno una struttura a corona e apici divergenti.

Si possono però rilevare indizi importanti anche a livello macroscopico: per esempio i peli umani presentano solitamente colore uniforme, mentre quelli degli animali sono caratterizzati da variazioni cromatiche. Le dimensioni possono essere indicative ma non forniscono informazioni complete, mentre segni di usura o di taglio sono spesso molto più rivelatori.

Un caso peculiare in cui la zoologia forense dimostra la sua utilità è il riconoscimento di resti di uccelli in caso di disastri aerei, per capire se l’impatto con il volatile può essere causa dell’incidente.
Impronte, tracce di alimentazione, di riproduzione, tane di insetti, di ragni sono ulteriori elementi che possono dare indicazioni sulle stagioni di esposizione di un reperto.

Elaborando e connettendo tra loro tutti questi elementi si riescono dunque a ottenere informazioni importanti, che sta agli inquirenti inserire in un quadro più ampio. Questo breve “excursus” dimostra quale ruolo la zoologia forense possa giocare in un’indagine e quanti punti di contatto possa avere con la medicina legale. Non a caso è imprescindibile che il medico legale abbia competenze in materia, anche se è sempre affiancato da esperti specifici.

Articolo a cura di Biagio Fabrizio Carillo