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«In Langa c’è il “marin” che ispira la melodia»

La storia di Walter Porro, musicista e compositore di fama internazionale con le radici a Feisoglio

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Il suo «mare», le «ragioni» e i «motivi di questa vita», come canterebbe l’amico Giorgio Conte, li ha trovati tra i noccioleti di Fei­soglio, in Alta Langa, dove il vento suona melodie che san­­­no un po’ di felicità e un po’ di malinconia. Walter Por­­­r­o, musicista, com­po­sito­re e insegnante, è un ar­tista delle note a tutto tondo, an­che se lui preferisce definirsi, con simpatia, un «musicante». Un «mu­sicante», aggiungiamo, che ha sa­puto farsi strada in tutti gli ambiti di questa forma d’arte, compreso il ramo delle co­lonne sonore, come dimostra il successo che sta incontrando il nuovo docu-film di Fre­do Valla, “Bo­gre”, musicato proprio da Porro.

Maestro Porro…
«La interrompo perché di Mae­­stro, con la “m” maiuscola, ce n’è uno solo ed è Franco Battiato. Purtroppo non ho avuto l’opportunità di collaborare con lui, ma alcuni colleghi che lo hanno conosciuto me lo hanno descritto come una persona fantastica, con la battuta sempre pronta: è stato un precursore, capace, con le sue sonorità, di accompagnare il pubblico in mondi sconosciuti. Ci mancherà».

Chi sono stati i suoi personali “maestri”?
«Ne ho avuti tanti. I primi due sono i miei genitori. Quando ero bambino, suonavano en­tram­bi la fisarmonica. Lo fa­cevano in maniera amatoriale, ma è bastato perché mi facessi l’orecchio».

Con la fisarmonica è stato amore a prima vista?
«La fisarmonica mi intrigava, certo, ma ancora di più guardavo con interesse il pianoforte e le pianole. Avevo un’attrazione particolare per tasti e pedali del vecchio organo li­turgico che avevamo a casa. La sera, poi, con la famiglia, ero solito recarmi da amici e conoscenti per le celebri “ve­glie”. Niella Belbo, San Bene­detto, Castino, Mom­bar­ca­ro… Ovunque andassi, c’era qualcuno che suonava!».

Quando ha capito che la mu­sica sarebbe diventata la sua vita?
«Dopo l’incontro con Dino Gras­so, apprezzato maestro di fisarmonica di Gorzegno. A 16 anni iniziarono a cercarmi perché suonassi a feste ed eventi vari. Sentivo, però, che mi mancava qualcosa. Allora mi iscrissi al Liceo Musicale di San­thià. Fu la svolta. An­che perché, nel frattempo, mi ero trasferito nel Biellese a casa di Sabrina, colei che poi è diventata mia moglie, e lì le occasioni per suonare fioccavano: ba­lere, sale da ballo e chi più ne ha ne metta. Mi cimentai pu­re con la musica dance…».

Le piaceva quella parte di Piemonte?
«Per le opportunità musicali che offriva sì, ma dal punto di vista dell’ispirazione la Langa non ha paragoni. E pazienza se per comprare un disco bi­sogna andare a prendere la “cor­riera”…».

Ecco spiegato il suo ritorno a Feisoglio…
«Sì, ma non pensi che io vo­glia fare l’asceta. Sono in contatto con colleghi di tutto il mon­do: Internet arriva anche in Alta Langa! (ride, nda) Poi c’è un’altra cosa: qui posso de­­­dicarmi ai noccioleti di fa­miglia e, quando soffia il ven­to “ma­rin”, le melodie flui­scono in modo naturale».

Ma se non le fosse andata be­ne con la musica, avrebbe fat­­­to l’agricoltore?
«Non avrei venduto molto… Quando ho a che fare con le noc­ciole, come del resto accade con la musica, bado alla qualità e non al profitto. Arte e bellezza devono vincere sempre».

Che tipo di bellezza è la fisarmonica?
«Assoluta, sublime. Non me ne voglia il pianoforte, ma la fi­sarmonica ha qualcosa in più: attraverso il mantice, che “respira” insieme al musicista, riesce a comunicare me­glio le emozioni. Fa arrivare le vibrazioni dritte al cuore».

Specie se quelle note accompagnano le parole di autori fan­tastici come Giorgio Conte o Mauro Pagani…
«Anch’essi due maestri. Mi han­no permesso di fare un ul­teriore salto di qualità, di suo­nare in templi della musica e confrontarmi con professionisti di tutto il globo. Gra­zie a loro oggi amo ogni genere: dal folk al jazz, dal tango alla mu­sica peruviana».

Ha collaborato con altri “mo­stri sacri” come Paolo Con­­te, Massimo Ranieri, Cla­u­­­dio Ba­glio­ni. A chi è più legato?
«Non mi dia dell’opportunista, ma non ho un incontro o un artista preferito: ogni collaborazione, ogni concerto mi regala un’esperienza unica, a suo modo indimenticabile. Sa perché? La musica abbatte ogni barriera».

Non è un luogo comune?
«In nome della musica, anche il più affermato degli artisti con­sidera al proprio pari chiun­que suoni sul palco in­sie­me a lui, pure che si tratti di un musicante di Feiso­glio».

Se è un musicante lei…
«Sono un appassionato, che nella vita ha avuto un po’ di fortuna. Credo che la mia car­t­a in più sia stata la capacità di farsi guidare dall’istinto. Mia moglie, Sabrina, che ringrazio unitamente a nostra figlia Chia­­ra per la pazienza, dice che sono un “cavallo brado”, im­­­possibile da frenare…».

Il suo spirito deve avere colpito anche il regista Fredo Val­­la che già tre volte l’ha scel­ta per comporre le colonne sonore dei suoi film.
«Con Fredo c’è un’intesa speciale, come con Pagani o Gior­gio Conte. È sufficiente uno sguardo e ci capiamo, anche se si è davanti al monitor di un pc. In “Bo­gre” la musica è un autentico tutt’uno con le im­­­magini, fa parte dello stesso rac­conto, aiuta a calarsi nelle atmosfere del 1200».

Traspare entusiasmo…

«Raccogliere cinque minuti di applausi alla prima di To­rino per un documentario che du­ra oltre tre ore è stato commovente. Non nascondo che una lacrima mi è scesa e pure Fre­do, che era davanti a me, quan­­do si è voltato, ave­va gli oc­chi lucidi. Con la mu­sica per i film ho trovato una splen­dida dimensione. Le im­magini completano la mu­sica alla perfezione, aiutano a trasmettere quella vibrazione a cui fa­cevo cenno prima».

Per poter percepire quella vibrazione, però, occorre es­sere preparati, non crede?
«Più che preparazione, serve sensibilità. È un po’ come im­parare a riconoscere i profumi dei fiori. Occorre possedere una naturale predisposizione per poter accogliere al meglio la musica e, in generale, l’arte, ma la sensibilità si può allenare, migliorare».

In che modo?
«Raccontare la musica ai giovani, con parole e suoni ap­passionati, dà i suoi frutti, più dell’ascolto di qualsiasi playlist disponibile online. Passa il tempo ma la musica resta istinto, poesia, passione, emozione, viaggio, libertà: la si fac­cia conoscere, la si promuova. Per questo mi rivolgo agli amministratori: l’eno­ga­stro­­nomia, e lo dico da corilicoltore, è fondamentale, ma non si dimentichi la cultura e il suo risvolto sociale».

Cosa propone?
«Non dico di leggere Socrate in piazza ma, di tanto in tan­to, si scatenino scintille capaci di accendere il fuoco in chi possiede i talenti musicali o, comunque, è appassionato. Per­­­tanto, si organizzino ras­se­gne musicali, si propongano gite scolastiche a tema, si regalino biglietti di concerti, si educhi all’ascolto. E, questo vale per tutti, non si dimentichi mai di volgere l’orecchio verso il cielo: il “marin”, con le sue melodie, un po’ dolci e un po’ malinconiche, non smetterà mai di suonare».