«Raccontare in tv ciò che più amo mi emoziona»

Barbara Pedrotti, inviata di “Drive Up” su Italia Uno e speaker al Giro d’Italia, ha realizzato il suo sogno

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Ci sono bimbe che so­­­gnano di diven­ta­re ballerine, al­tre che si immaginano maestre. Ma c’è anche chi ha il desiderio di raccontare al grande pubblico le emozioni dello sport. È il caso del­la trentina Barbara Pe­drot­ti: quel sogno cullato da bambina lo ha realizzato, di­ven­tan­do speaker del Giro d’Ita­lia e, da qualche giorno, inviata del­la seguitissima trasmissione di motori in on­da su Italia Uno “Drive Up”. Noi di IDEA la abbiamo intervistata.

Pedrotti, nei giorni scorsi, a To­­­­­rino, alla “grande partenza” del Giro, l’abbiamo ammirata, splendida, con l’abito da ma­­drina della “corsa rosa”, in­­tenta a mostrare il Trofeo Sen­­­­­­za Fine. Emozionante?
«Accompagnare sul palco il sim­­­bolo del primato, che vie­ne conquistato dai ciclisti più forti del pianeta, è un’e­mo­zio­ne indescrivibile. Ogni gior­no, quando si recano al “fo­glio firme”, prima della partenza, i corridori impegnati al Giro guardano quel trofeo con am­mirazione, sognando di po­­­­­terselo portare a casa. An­che noi addetti ai lavori siamo affascinati dal suo luccichio e dalla storia che porta con sé. E poi, avendo il ciclismo nel cuore, è stato un autentico onore».

A proposito di Giro, lei è speaker dal 2008. Cosa rappresenta per lei la “corsa rosa”?

«È un evento speciale, dalle mil­le sfaccettature. Come ci pia­ce descriverla dal palco di presentazione, è la corsa più du­ra al mondo che si disputa nel Paese più bello del mon­do. Infatti, oltre agli aspetti sportivi, porta nel mondo la storia e le altre peculiarità dell’Italia intera, legandole tra di lo­ro con un ideale filo rosa. Pen­­so alla figura di Gino Bar­ta­li, dichiarato nel 2013 Giu­sto tra le Nazioni che, grazie alla sua bicicletta e alle sue pe­­dalate, ha aiutato tantissimi ebrei du­ran­­te la Seconda Guerra Mon­diale. Op­­pure pen­­­­so alle ec­cellen­ze del paesaggio e della cu­cina. In­som­ma, il Giro è una vetrina del “ma­­de in Italy” impareggiabile».

L’aspetto che le piace di più?

«Vedere, anche nelle giornate di pioggia, tan­te persone presso la sede di partenza o arrivo e lungo le strade regala sensazioni sen­za eguali. Del resto, il ciclismo è uno dei pochi sport che permette di ammirare le gesta di un campione del mon­­do semplicemente uscendo dal portone di casa».

Il Giro quest’anno si è aperto in Piemonte e la terza tappa si è conclusa a Canale, nel Roe­ro, interessando l’intera area dei paesaggi vitivinicoli riconosciuti patrimonio Une­sco. Che rapporto ha con questo territorio?
«Quella che si è conclusa a Ca­nale è stata una tappa bellissima che ha messo in luce territori splendidi, caratterizzati da una natura meravigliosa e da un’enogastronomia eccellente; non a caso è un’area tu­telata dal­l’Unesco».

Preferisce indossare i panni del­la giornalista sportiva o del­la modella?
«Punto sulla competenza e non sull’immagine. Di conseguenza, sono sem­­­­pre stata mol­­­­to più vicina al mon­do dello sport, concreto, ri­spetto a quello della mo­da, affascinante ma un po’ troppo “glitterato”. Quan­do ho ac­com­pa­gnato il Trofeo Senza Fine sul pal­co del Giro non ero nei pan­­­ni di modella, ma in quelli di una professionista innamorata dello sport e dei suoi va­lori, estremamente con­sa­pe­vo­le di ciò che quel trofeo e quella manifestazione rappresentano. Concepisco lo sport come una metafora del­­­­la vita: lottando si possono raggiungere i traguardi prefissati».

Come è nata la sua passione per lo sport e per la conduzione sportiva?
«Sono cresciuta in una famiglia di grandi sportivi, a partire da mio padre che aveva un kart e gareggiava. Ho sempre seguito, fin da piccola, sport tipicamente maschili, come il ciclismo, appunto, o le discipline dei mo­tori, F1 e motociclismo in testa».

Sognava di diventare pilota?
«No, il mio unico sogno era po­­­­ter commentare i gesti spor­­tivi, essere il “fil rouge” tra l’atleta e lo spettatore. Pen­­­­si che, quando ero bambina, prendevo in mano il mi­cro­­fono, silenziavo la tivù e ini­­­ziavo a far la telecronaca…».

Proprio in tv, lei ha curato lo spazio dedicato alle scommesse calcistiche. Il suo rapporto con questo sport?
«Nel nostro Paese il calcio è lo sport na­zionale e da buo­na ita­liana por­to questa di­sci­plina nel cuo­­re; fa parte della mia vita. Pri­ma su Mediaset e poi su Sky, ho avuto l’opportunità di essere coinvolta in tra­smissioni calcistiche. In par­­­­­­­­ticolare, pri­ma del calcio d’ini­zio oppure durante l’intervallo, ovvero nei momenti di maggiore vi­si­bi­lità, mi sono occupata delle quote legate al­le scommesse: un ruolo che mi ha permesso di conoscere anche questo aspetto del calcio e molti grandi ex giocatori. Ho poi anche collaborato con la Uefa e ancora oggi continuo ad ave­re dei collegamenti con quel mondo».

Cosa c’è nel futuro di Barbara Pedrotti?
«La speranza più grande è poter continuare a essere felice svolgendo il ruolo di conduttrice televisiva e speaker. Voglio continuare a emozionarmi occupandomi delle at­tività che mi vengono affidate. Amo trasmettere gioia al pubblico, parlare di sport, sco­­prire ulteriormente e far scoprire l’universo dei motori. Diversi progetti stanno pre­ndendo forma: incrocio le dita e guardo avanti».